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Sofferenza e preghiere! Perché l'ho fatto?

5 February 2002 ore 18:00

Diario del Mattino


A voi gente di terra, non pensavo che il mare fosse così inclemente, così caparbio e così incazzato, specialmente con il mio stomaco. La mia faccia ha lo stesso colore delle coperte della cabina (giallo, ma più ceruleo). Sono rintronato da una banda di onde, ma se l'oceano fosse un batterista, sarebbe uno di quelli scarsi, non tiene per niente il tempo e sto iniziando ad essere stanco di questa canzone. Mi sorge il dubbio che debba fare una sorta di battesimo oceanico per purgarmi da qualche peccato di eccesso mangereggio commesso nella mia vita terrestre precedente pre-velistica.

Per il momento tiro avanti pregando il mio santino appeso qui in cabina: Bernard Moitessier, il navigatore solitario, mio vate, del quale, nel caso possa servire a farmi stare meglio, ripeto i versi come fossero un'ode: "Andrò a piedi nudi, indosserò solo un saròng e il mio corpo sarà tinto con noce d'areca. Avrò l'aspetto di un bonzo indù. Mi esprimerò unicamente a gesti, come i muti".

Abbiate pietà di me: per oggi il mio stomaco non vi sa dire altro.

Diario della sera


Cari amici, riprendo possesso della mia integrità psicofisica, e mi metto a scrivere. Ieri siamo usciti dal porto di Gibilterra, dribblando un po’ di navi porta-container che sembrano palazzi prefabbricati a quattro o a cinque piani. Come al solito le cose non erano proprio come uno se le immagina: non c’è un punto preciso in cui uno dice “ecco, questo è lo stretto”. Semplicemente a sinistra c’è una terra mammellosa (il Marocco) e a destra una costa un po’ più frastagliata (l’Europa).

Marco Covre, il Capitano, mentre era al timone mi ha detto: “Io quando passo di qui mi emoziono sempre”. Io no. Son fatto così. Mentre sto vivendo una cosa quasi non me ne accorgo. L’emozione la sento di più quando tutto è finito, per esempio adesso che per raccontare mi sto ricordando. Chissà se, con questo viaggio pazzesco, riuscirò a imparare a vivere il presente. Cristoforo, il mio amico navigatore-autore-documentarista che recentemente è diventato complice-fisso della nostra disgregata armata brancaleone di artigiani della televisione, che si è laureato in mitologia antica, ha tirato fuori un foglietto scaricato da Internet, con il canto XXVI dell’Inferno di Dante, che parla di Ulisse e della sua sortita fuori dalle Colonne d’Ercole.

Oltre al celeberrimo “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” - laddove semenza sta chiaramente per scemenza (chi ce lo fa fare?!) - c’è un altro passo che ci fa sorridere: “Io e compagni eravam vecchi e tardi quando venimmo a quella foce stretta dov’Ercule segnò li suoi riguardi acciò che l’uom più oltre non si metta”. Eh sì. Il 4 febbraio ho compiuto 48 anni, peso più di un quintale, ho lo stomaco in disordine e i trigliceridi alti. Perché? Perché mi son ficcato in questo casino? Non potevo restare a condurre un tranquilla trasmissione sui libri?

L’ho fatto per Syusy, il mio Super-Io-moglie-socia-amante che ha lanciato l’idea di questa strana impresa due anni fa? L’ho fatto per vendicare mio padre, appassionato di barche virtuale che, su una barca vera, non c’è mai salito? L’ho fatto in nome di tutti i Fantozzi, stufi di invidiare i Cinoricci, i Mauropellaschier, i Giovannisoldini che fanno imprese eroico-sportive?

Spero di avrelo fatto per me stesso, perché vedo là in fondo le onde dell’Atlantico e sarò io, in persona, a doverle sopportare…

 

Patrizio


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