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Port Vila è una cosa a parte!

10 June 2009 ore 15:00

Volevo intitolare questo racconto "Vanuatu", dove in effetti siamo arrivati, ma poi ho deciso che non è giusto identificare il nome dell’arcipelago con quello della capitale. Port Vila, sull’isola di Efate, è infatti una cosa a parte. E’ un po’come se parlassimo della Nuova Zelanda descrivendo soltanto Auckland. Non c’entrerebbe niente.

Negli ultimi 8 anni, durante i quali siamo tornati qui quattro volte, abbiamo visto l’enorme trasformazione della cittadina che, da imbarazzato e sparuto centro designato suo malgrado capitale, è diventata un importante polo accentratore per tutte le isole, sviluppando attività e piccole industrie di ogni genere, prima fra tutte quella turistica. Il traffico è inarrestabile: colonne interminabili di auto e pulmini percorrono le poche vie da mattina a sera, i supermercati si sono decuplicati, i negozi di souvenir e di artigianato non si contano più, le agenzie turistiche che organizzano viaggi-pacchetto nelle varie isole prosperano in modo inaspettato. Si vendono case e terreni, ogni 200 metri c’è una banca.

A noi piaceva di più prima, a loro adesso. Ma poi, camminando in mezzo a questa baraonda, ecco di nuovo il mercato. E’ stato anch’esso allargato, abbellito e reso più confortevole, ma i venditori sono quelli di una volta: coltivatori che vengono da ovunque portando con sé i prodotti dei loro campi. Gli uomini accompagnano le donne e i bambini che si fermano in città per tutta la settimana, vivendo come possono nel mercato stesso. I bambini, tanti, passano i primi anni di vita dapprima attaccati alle tettone della mamma, poi gattonando sotto i grossi tavoli di legno dove vengono esposti i prodotti, poi girovagando per tutto il giorno all’interno del mercato e stendendosi sulle stuoie per passare la notte. Alla domenica si torna a casa e al lunedì si ricomincia.I piccoli crescono letteralmente tra zucche, lattughe, papaie, banane, cocchi e tuberi. O forse è da qui che viene il detto che "i bambini nascono sotto i cavoli"?



Siamo arrivati a Port Vila dopo tre giorni di navigazione molto piacevole. A dire il vero l’inizio non è stato proprio esaltante. Abbiamo lasciato Noumea in un mattino freddo e piovoso, dopo avervi trascorso un paio di settimane fredde e piovose… Stanchi di passare da uno scravasso all’altro (termine veneto che designa un acquazzone) tirando brevi bordi tra i reef della laguna, ci siamo fermati dopo una trentina di miglia in una baia protetta e ospitale ad asciugare ossa e indumenti. Il mattino successivo ci siamo svegliati in un altro film: giornata radiosa, vento giusto da sud-est, mare poco mosso. Via, via, approfittiamone. Da quel momento è stato un crescendo. Il vento è girato in verità sempre più a nord est, senza però mai superare i 15 nodi reali, costringendoci a una bolina sempre più stretta (il giusto pane per i denti di questo veloce scafo) e il sole ha tenuto duro fin quando è stato sostituito da una luminosissima luna piena. E anche il mare una volta tanto non ha fatto i capricci! Stessa cosa il giorno dopo, con in più la gradita cattura di una lampuga sui 10 chili!!

Akoya ha veleggiato docile e senza fatica per 300 miglia, e noi con lei, fino all’arrivo alle tre di mattina nella grande baia a sud di Efate, davanti alla città. Nonostante i cambiamenti di cui parlavo all’inizio, abbiamo subito ritrovato molte persone degli anni passati e ci è sembrato “di tornare un po’a casa”: ci capita solo quando teniamo a un posto in modo particolare. E le Vanuatu sono sicuramente fra le nostre mete preferite. Speriamo di ritrovarle come le amiamo!



Irene Moretti

A bordo di Ayoka

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