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Lavori a bordo

28 January 2014 ore 17:00

di Filippo Mennuni.


Piove! Diluvia. Fa freddo. Ieri c'erano 30 gradi e un sole da non poter camminare a piedi scalzi in coperta.

Oggi è la giornata destinata al travaso del gasolio sporco che abbiamo in tutti i 5 serbatoi della barca. La Marina Argentina ci ha messo a disposizione due contenitori da mille litri e con un sistema di tubi, sfruttando una delle pompe di travaso del gasolio di bordo, riusciamo a svuotare i nostri 1.500 litri. Insieme al gasolio se ne vanno una buona parte delle impurità e dei batteri. Il resto dovremo estrarli con un impianto di lavaggio e aspirazione ad acqua bollente che ci porteranno giovedì.

Anche se può sembrare incredibile il gasolio è un alimento gradito ad alcuni animaletti microscopici che se ne nutrono golosamente. Durante il festino si aggregano in lunghe strisce filamentose e si riproducono in una sorta di orgia senza freni che ne moltiplica la quantità. Questi allegri cortei di batteri sfilano nei tubi che collegano i serbatoi al motore e creano degli ingorghi che chiudono ogni circolazione. Il carburante cambia le sue proprietà chimiche e non è più adatto al consumo. E in più... non passa! I filtri si otturano e tutto deve essere smontato, pulito a pressione e rimontato.

Il motore è parzialmente protetto da questa invasione da un filtro, ma alcune particelle di zolfo e di altre sostanze riescono a passare. A ogni festa c'è chi vuole entrare di straforo.

Il motore Volvo Penta di Adriatica è un «signor motore». Di grande qualità e con performance eccellenti, common drive, parzialmente elettronico, sofisticato e affidabile. Qui i meccanici lo chiamano «formula uno». Ma queste qualità hanno un contro: il motore funziona solo con gasolio molto buono, privo di impurità e con poco zolfo. Se cerchi di fregarlo e gli rifili una bevanda di terza categoria lui si addormenta. Ed è quello che è successo.

Ora, non è sempre facile sapere quale gasolio stai imbarcando in giro per il mondo. A volte prendi fregature anche nei porti del nostro civilissimo Mediterraneo. Noi cerchiamo sempre di caricare da fornitori affidabili e di guardarlo prima, mettendone un po' in una tanica trasparente per apprezzarne colore, perlage, intensità e purezza! Vogliamo il miglior nettare per la nostra Adriatica.

Ma nonostante questo, da qualche parte, qualcuno ci ha rifilato del gasolio di cattiva qualità e ora ne stiamo pagando il prezzo con una sosta forzata che ritarda la navigazione di parecchi giorni. Difficile sapere chi é il colpevole. Di sicuro uno dei carichi da Tenerife in poi. Probabilmente in Brasile. Se fosse successo prima il problema lo avrebbero avuto prima di uscire da Gibilterra.

C'è stato qualche segno di quello che stava accadendo. Negli ultimi tre giorni prima di arrivare a Buenos Aires l'equipaggio ha cambiato tre filtri del gasolio perché il motore perdeva giri. Questo lo leggo sul libro di bordo. All'arrivo a Buenos Aires era previsto un service di routine al motore, nonostante non fossero ancora raggiunte le ore di moto indicate dalla casa costruttrice. Ne mancavano ancora più di 50 a quanto mi è stato detto da chi gestiva la barca prima di me. Era il 19 di dicembre. I cinque meccanici interpellati nella capitale non avevano disponibilità di tempo prima dei primi giorni di gennaio. Eravamo infatti in piene vacanze natalizie e gennaio, in Argentina, corrisponde al nostro mese di agosto: tutti al mare!

Ho deciso, dunque, di attendere fino al porto successivo, Puerto Madryn, dove avevo già prenotato un servizio completo al meccanico autorizzato locale. Del resto il motore girava bene. Controlli di routine, olio, liquido di raffreddamento, girante... tutto sembrava a posto.

Inoltre eravamo occupati da una quantità di altri piccoli e grandi lavori per ripristinare le condizioni ideali della nostra barca che deve affrontare la pericolosa e difficile navigazione verso i mari australi dopo quasi tre mesi di navigazione da Venezia fino in Argentina. 

Senza smettere di lavorare neppure il giorno di Natale e supplicando un velaio, uno dei tre al sud dell'Equatore in questo continente che possiede una « Necchi » capace di cucire le nostre pesanti vele, siamo riusciti a salpare per il Sud, già con ritardo, il primo di gennaio. Il destino é già scritto. L'uomo non ha che da compierlo.

 

Dopo un giorno di navigazione il vento da Sud, che spinge il mare per migliaia di miglia contro la corrente in uscita dal Rio della Plata, ci ha respinto. Abbiamo fatto tre tentativi di proseguire verso il porto dove i nostri amici ci aspettavano per imbarcare per la undicesima tappa di questo giro del mondo. Al tramonto del due gennaio si scuce la trinchetta di cappa, unica vela che potevamo tenere a prua. Decido di non proseguire, e faccio bene. Dopo una notte correndo il mare con onde fino a 4 metri, evitando gli innumerevoli e insidiosi bassi fondali del Rio, tirati da un fazzoletto di fiocco a prua e il motore a 1800 giri, abbiamo scapolato il Banco del Ingles, a 40 miglia a Sud della costa dell'Uruguay. Solo un metro di acqua spumosa e frangente che si estende su una superficie pari a quella di un medio comune italiano. Ricevo da Ric il cambio al timone e verifico la posizione sulla carta per dare la correzione di rotta. Mi stendo un attimo sul divano di fronte al carteggio. La barca rolla molto e la poppa si solleva di parecchio sotto la pressione delle onde. Ogni tanto Ricardo mi appare, appena illuminato dalla luce degli strumenti della timoneria, come un fantasma nel buio. La schiuma della burrasca, dietro di lui, ne fa risaltare i contorni lividi. Si tiene al timone con due mani e i piedi ben piantati, agganciato alla cintura di sicurezza con due appigli, che non si sa mai.

Poco dopo decide di ridurre i giri a 1.500, visto che siamo piuttosto vicini alla nostra destinazione e che arrivare con il buio potrebbe essere rischioso. Trenta secondi dopo il silenzio. Il motore si è fermato. Salto fuori immaginando che lo avesse spento per ridurre ancora la velocità. Invece si è proprio fermato. Mi infilo in sala macchine e mi rendo conto che non arriva gasolio alla pompa. Vabbé, con questo mare é impossibile lavorarci per sostituire il filtro e verificare l'impianto. Ci prepariamo per un atterraggio a vela. Studio la carta e la direzione delle onde e del vento. Verifico i fondali. C'è una possibilità di ancorarci proprio fuori dal molo sottoflutto, appena coperti dalla risacca. Una manovra che possiamo fare a vela, ma che non dobbiamo mancare, perché non avremo una seconda alternativa.

Arriviamo poco dopo l'alba. Avvisiamo per radio la prefettura di Piriapolis e diamo ancora. Più tardi, attraverso una delicata manovra di rimorchio, riusciremo ad accostare al pontone di ferro. Lì scoprieremo che il nostro gasolio è completamente contaminato. Non saremmo mai arrivati a Puerto Madryn in tempo. La burrasca infurierà ancora per 48 ore. La lezione? Mai dare nulla per scontato. Soprattutto in mare.

Inizierà per noi dell'equipaggio un periodo di ulteriori verifiche a bordo che risulteranno essere indispensabili per la sicurezza della barca. Molte delle criticità incontrate avrebbero potuto essere scoperte prima se l'approccio iniziale a questa navigazione fosse stato diverso. Certamente per scoprirle occorreva l'occhio di marinai esperti abituati a individuare difetti e rotture invisibili al diportista medio. Occorreva anche una visione di lungo periodo rispetto al viaggio e l'esperienza di anni passati a navigare lontano dall'Europa, in luoghi dove non esiste alcuna assistenza e dove tutto, dunque, deve essere previsto prima.

 

Devo comunque riconoscere che difficilmente un non professionista «comprende» le azioni da compiere per la preparazione di una navigazione di questa complessità. In realtà, con l'età che avanza, sono portato a perdonare chi desidera realizzare il sogno del Giro del Mondo e vive questa esperienza con la leggerezza dell'entusiasmo. Il problema è che il Mare non ha questa stessa disponibilità. Il mare non perdona: a volte, raramente, tollera!

L'ultima mia grande navigazione prima di aderire al Progetto Pigafetta 500 è stato il Passaggio a Nord Ovest, con il Best Explorer di Nanni Acquarone, nell'estate del 2012. Prima navigazione italiana nelle acque dell'Artico sulla rotta di Amudsen. La preparazione ci richiese due anni di ricerche, sforzi, contatti, studio e Nanni e Nicoletta, i due principali promotori di quell'avventura, passarono molti mesi nella gelida Norvegia a preparare la barca.

Questo giro di Adriatica intorno al mondo é un viaggio molto speciale, unico. Merita di essere compiuto e condiviso. Perché questo avvenga noi dell'equipaggio abbiamo creduto necessario prendere le distanze dal programma originale, mettendo da parte gli obblighi contrattuali, le date fisse, gli appuntamenti imprescindibili e dedicarci essenzialmente e primariamente alla nostra cara barca, Adriatica, che in tutti i modi ci diceva che aveva bisogno di coccole ; che non era ancora pronta al viaggio ; che il momento non era ancora venuto. Le barche parlano a chi le sa ascoltare.

Ricominciamo da quì, umilmente, da Mar del Plata e dalla nostra Rossa che ci chiede ancora un po' di tempo.

 

Filippo Mennuni

Comandante di Adriatica per le tappe australi

Adriatica SY 

IQ4436

Commenti

...le barche parlano a chi le sa ascoltare...nulla e' piu' vero!
buon vento.

inserito da mauroguidelli il 29/01/2014 alle 18:22

Con i dettagli descritti in questo "diario de bordo" sento l'obbligo di congratulare al Comandante dell'Adriatica e al suo equipaggio, perché ho avuto la possibilità di potermi sentire "imbarcato" con la sola lettura. Auguro un buon proseguimento affinquè si possa accarezzare il sogno progettato.

Giampietro Borghero

inserito da Giampietro Borghero il 29/01/2014 alle 20:37

Continua tuttavia a rimanermi poco chiaro perché quando a Priapolis o Mar del Plata si decideva saggiamente di "prendere le distanze dal programma originale, mettendo da parte gli obblighi contrattuali, le date fisse, gli appuntamenti..." queste decisioni non venivano comunicate tempestivamente a quanti dall'Italia stavano per imbracarsi verso l'Argentina, rassicurandoli invece sulla rapida soluzione di ogni problema rilevato a bordo.
Sarebbe bastato veramente poco per evitare molte polemiche e disagi

inserito da fede il 30/01/2014 alle 12:11

in mare non ci sono taverne.

inserito da gianni il 01/02/2014 alle 17:08

Caro "Fede", la comunicazione è sempre stata tempestiva. È che alcuni accadimenti sembravano gestibili con solo qualche ritardo e creando pochi disagi a chi doveva imbarcare. Gli eventi che hanno bloccato il viaggio si sono dichiarati solo quando era oramai troppo tardi.
Filippo
Adriatica SY

inserito da Filippo il 14/02/2014 alle 00:29

Caro "Fede", la comunicazione è sempre stata tempestiva. È che alcuni accadimenti sembravano gestibili con solo qualche ritardo e creando pochi disagi a chi doveva imbarcare. Gli eventi che hanno bloccato il viaggio si sono dichiarati solo quando era oramai troppo tardi.
Filippo
Adriatica SY

inserito da Filippo il 14/02/2014 alle 00:29

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