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Gibilterra, non solo Colonne d'Ercole

24 March 2006 ore 18:00

La classe 4A Liceo Scientifico Tecnologico - ISIS Mattei di Rosignano Solvay seguirà Adriatica nel suo viaggio intorno al mondo per questo ed il prossimo anno scolastico. I ragazzi assieme agli insegnanti Arrigoni (Storia e Letteratura), Luppichini (Biologia e Scienze della Terra ) e Vallini (Geografia) scriveranno una sorta di 'diario di terra' delle varie località toccate, mescolando attualità, storia e natura, dato che il liceo mette insieme insegnamenti teorici e pratici (laboratori scientifici). Hanno anche redatto una grande carta collocata nell'atrio della scuola in cui seguiranno visivamente i progressi della rotta. I ragazzi costruiranno anche un loro sito Internet in cui inseriranno osservazioni e idee. "Buon vento - augurano - noi vi seguiremo con i piedi ben saldi a terra."



La prima tappa: Gibilterra

 

Quando si parla di Gibilterra si pensa subito, fin dalle scuole elementari, alle Colonne d’Ercole, limite dell’antico Mondo Conosciuto e del rassicurante Mediterraneo, tanto famose che anche nella vicina Siviglia mostrano al turista i resti di due imponenti colonne romane indicate come le “vere” colonne. Un dispetto degli spagnoli ai vicini "inglesi"? Può darsi, anche se recentemente uno studioso italiano Sergio Frau, indagando fra le rotte dell'antico Mediterraneo, sembra aver dato un duro colpo al mito millenario, collocando le colonne nel Canale di Sicilia ("Le Colonne d'Ercole. Un'inchiesta").

Comunque stiano le cose chi arriva oggi a Gibilterra da La Linea, dal confine spagnolo, rimane colpito più che dall'aspetto marittimo della città, dalla sua natura rocciosa compatta, un massiccio calcareo che si staglia sopra l’abitato per 426 metri di altezza. E' proprio la sua natura rocciosa, oltre alla posizione all'imbocco del Mediterraneo, che ha fatto la fortuna di Gibilterra come roccaforte militare, da quando nel 1704 i capitani di vascello inglesi Hicks e Jumper vi sbarcarono alla testa di sessanta Royal Marines di Sua Maestà Britannica ed iniziarono l’occupazione fino alla concessione di Gibilterra nel 1713 alla Corona Inglese.

 

Da allora su Gibilterra sventola l'Union Jack, da allora gli inglesi hanno militarizzato il picco roccioso scavando chilometri di gallerie (si dice per una lunghezza di 70 km) nelle viscere della montagna, trasformando la Rocca in un enorme groviera di calcare (di cui è visitabile The Great Siege Tunnel che ebbe il suo primo sviluppo durante l’assedio del 1789 - 1793).

Ma il luogo più inglese di Gibilterra, oltre agli immancabili pubs dove accorrono numerosi gli spagnoli di oltreconfine, è il piccolo Military Trafalgar Cemetery che ricorda la celebre battaglia e celebra le glorie della vecchia marineria inglese con le sue lapide consunte dal tempo: da Gibilterra era partito Nelson nell'ottobre del 1805 per la sua ultima battaglia a Cabo Trafalgar e qui era ritornato da morto, chiuso in un barile di brandy per conservarne il cadavere. Una fine degna per un vecchio marinaio, un po' meno per il barile di brandy.

Da queste memorie in buona parte militari si è sviluppata nel tempo l'identità anglosassone di Gibilterra, che ha resistito per decenni alle rivendicazioni spagnole che ne vogliono rientrare in possesso: non dimentichiamo che dal 1967 al 1985 il confine con la Spagna è rimasto chiuso dapprima per ordine del dittatore Francisco Franco, ma l' "assedio" è continuato anche dopo la morte del dittatore nel 1975.

 

Certamente fino a quella data gli abitanti di Gibilterra avevano ragioni da vendere per non riunificarsi alla Spagna: da una parte la democrazia di Sua Maesta, dall’altra una dittatura stantìa, arretrata, con tanto di guardia civil con i baffoni. Oggi con una Spagna democratica e dinamica il discorso si fa più sfumato, ma nonostante tutto con un referendum che si è svolto nel 2002 il 98,9 % degli abitanti si è dichiarato fedele all'Union Jack.

Fedeltà di una popolazione rigidamente di origine britannica? Neanche per idea, la maggior parte della popolazione è di origine italiana o meglio genovese, discendenti di quelli immigrati che vi trovarono rifugio ad inizi Ottocento probabilmente per sfuggire alla leva obbligatoria dell’esercito napoleonico, ma forse anche perché, con il blocco continentale, Gibilterra era diventata una delle roccaforti del contrabbando nel Mediterraneo. Seguono poi gli spagnoli, gli inglesi e una minoranza marocchina.

Perché Gibilterra è anche un ponte verso il continente africano; per chi dice che il cosiddetto Terzo Mondo è lontano e vorrebbe erigere barriere, sarebbe istruttivo venire a Gibilterra, salire sull’Upper Rock e vedere come l’Africa si tocca quasi con una mano: sembra di vedere l’isola d’Elba da Piombino.

 

Magari potrebbe fare anche una puntata ad Europa Point, la parte più meridionale del promontorio, e vedere, accanto al vecchio faro, il santuario cristiano di Our Lady e la nuova moschea.

Un’identita complicata quella di questo piccolo promontorio, in cui anche la lingua è una mescolanza di inglese e spagnolo, una sorta di “anglospagnolo”, magari con l’intrusione di qualche termine italiano.

Per finire non può mancare una visita all’Upper Rock Natural Reserve ossia la Rocca: splendide vedute, un vento impetuoso (è un luogo ideale per l’osservazione delle migrazioni degli uccelli che in questo periodo si dirigono da sud a nord, soprattutto le grandi cicogne). Tuttavia la particolarità di questo luogo protetto ti viene incontro già alla stazione a monte della funivia: una colonia di scimmie in libertà, l’unico primate che viva in Europa allo stato brado (si tratta di macachi barbary).

Attenzione però, si tratta di scimmie ormai abituate alla presenza umana e quindi pronte a frugare nelle tasche e negli zaini dei turisti in cerca di qualche biscottino, fino a salirti sulle spalle in un atto di estrema e inquietante confidenza fra lontanissimi parenti. Non a caso gli abitanti di Gibilterra, soprattutto quelli che abitano più vicini alle pendici della Rocca, devono stare molto attenti a lasciare aperte le finestre di casa, pena trovarsi una scimmia affamata in cucina in cerca di cibo.

Ma non è questa l’unica particolarità naturalistica di Gibilterra: dal 1 gennaio 1996 le sue acque sono classificate come riserva marina e dal mese di aprile inizia il periodo favorevole per andare a vedere i delfini nella vicina Baia di Algesiras.

Un’antica leggenda dice che finchè le scimmie rimarranno sull’Upper Rock Gibilterra resterà britannica: dall’appetito dei macachi dobbiamo dedurre che l’Union Jack continuerà a sventolare ancora a lungo.

 

4A, ISIS Mattei di Rosignano Solvay

 

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