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Simone: Io come Ismaele

20 July 2009 ore 12:00

Io sono un po’ come Ismaele, il personaggio narrante di Moby Dick, che nella prima pagina del capolavoro di Melville dice che ogni tanto, dopo un po’ di vita a terra, capisce che deve rapidamente prendere il mare. Lo capisce da uno strano ronzio, quasi un malessere psicologico, che lo induce a scendere per strada, ad accodarsi ai funerali, con l’insana tentazione di seguire le persone e di fargli volare via il cappello con una manata… Io sono un po’ così, sento fremere i neuroni, immagino tempeste, tento di rassicurarmi… Per questo tra qualche giorno filo le cime a poppa e salpo.

 

Come sempre accade, poco prima di partire, la mota portata dal fiume raggiunge le chiuse. Tutto si accavalla, si mescola, si sovrappone. Mulinelli tumultuosi. E’ l’ultimo grido della mainland, la terraferma, che invoca il suo tributo, urla che non puoi partire, non ancora, hai molto da fare. Ci sono le bozze del libro da correggere (che vuoi pubblicare un libro senza aver rivisto la ventiduesima bozza??), ci sono i lavori di manutenzione della barca (che vuoi prendere il mare senza mille revisioni, manutenzioni, prove?), ci sono i lavori alla casa (vergognati, hai patito il freddo per la legna verde, l’inverno scorso, e ora non hai ancora fatto legna nel bosco??), c’è il divorzio che non arriva, l’avvocato da pagare, la gente a cui dare retta, i giornali, le notizie, il blog, il blog di antonio, sergio da chiamare, francesco che sta un po’ giù, alessandro, roberto… 

 

Queste scene le ho già viste. Poi tutto finirà, si compirà per la precisione, nel buio ancora non schiarito dall’alba, nel rumore della cima loffia che cade in acqua, nel mare tra le dita che la recuperano, nel lento rumore del motore che spinge fuori dal porto. Tutto finirà così, com’è iniziato, con un ronzio. Servirà ancora una volta a ricordarmi che siamo qui per pensare, per ascoltare, per viaggiare, per godere della notte, di quel suo particolare momento d’incertezza prima del giorno, quando pare che il tempo si sia fermato e poi t’accorgi che ti sei perduto il minuto esatto del passaggio, come ti ridestassi dopo un breve sonno. Sarà mare per quasi 3.000 miglia, porti, gente da incontrare, momenti da gustare sotto le palme dei piedi, dure finalmente, sulla pelle salata, negli occhi rossi dal sole, nel Mediterraneo. La nemesi. Sarò ancora una volta in mare, e tutto parrà non essersi mai mosso di lì.


Simone Perotti

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