Il sito navigabile dei Velisti per Caso!
twitter facebook friendfeed flickr youtube scrivi a

velisti tv

> newsletter

> cerca

> credits

iscriviti alla
newsletter


cerca nel sito

Scienza a bordo con il CNR

6 April 2013 ore 12:00

di Paola Catapano.


Tra gli avventurosi partecipanti al Viaggio di Pigafetta, uno scienziato veneziano che ha molto in comune col nostro personaggio vicentino: Andrea Bergamasco, oceanografo fisico del CNR (ISMAR) e studioso del cambiamento climatico. 

Andrea, che vanta ben sei spedizioni nei mari antartici, quindici in Mediterraneo e 35 anni di ricerca, condivide con Antonio Pigafetta la "passione di viaggiatore, (…) che mette in gioco la vita per l'avventura, in grazia appunto del diletto, della gioia di vedere, di ammirare e conoscere" (cit. Stefan Zweig), ma anche la capacità di descrivere con precisione (scientifica piuttosto che letteraria), gli oceani e le loro caratteristiche. La specialità di Andrea è studiare gli oceani per modellizzarne le loro caratteristiche fisiche, le masse d’acqua e le correnti, alla ricerca d’indizi che ci permettano di capire come il clima sta cambiando e di prove per individuare i fattori responsabili di questo cambiamento.

Adriatica e Pigafetta500 hanno accettato con grande piacere la proposta di accogliere a bordo uno strumento di Andrea, per realizzare il primo rilevamento in continuo, per opera di un unico strumento, della salinità e temperatura dei mari, lungo la rotta di Pigafetta500.

 

Ne parliamo con Andrea Bergamasco!


Paola Catapano: Il clima sta cambiando, la temperatura globale del nostro pianeta è in aumento e questo ha provocato l’intensificazione su scala globale di episodi metereologici estremi come inondazioni, tornado e uragani. C’è ormai una percezione generalizzata di questo fenomeno, che nessuno più osa mettere in discussione. Non c’è però consenso sulle cause. Quale può essere il contributo di uno studioso come te alla comprensione di un fenomeno così complesso?

 

Andrea Bergamasco: Nella comprensione di fenomeni e processi che hanno dinamiche non lineari, quindi complesse, l’osservazione sperimentale e le misure sono essenziali. Ma sono altrettanto importanti i modelli che finora abbiamo elaborato, sulla base delle teorie che regolano l’evoluzione dei fluidi geofisici. Il mio contributo è proprio quello di legare in un tutt’uno sia l’aspetto teorico di simulazione numerica dei processi, che l’aspetto sperimentale di acquisizione delle variabili più rilevanti. Infatti, mentre le osservazioni singole delle variabili sono una specie di fotografia del fenomeno, i modelli numerici sono una specie di filmato degli eventi che succedono, dando un collegamento causa effetto, anche quando non è facilmente deducibile, proprio a ragione dei legami non lineari tra le innumerevoli variabili che descrivono lo stato del sistema climatico terrestre.

 

 

Paola Catapano: Perché è importante partire dallo studio dei mari della terra per capire le dinamiche del nostro clima?

 

Andrea Bergamasco: La Terra è un sistema composto di parecchi sottosistemi, un po’ come il corpo umano che è composto di diversi apparati interagenti: l’apparato respiratorio, circolatorio, nervoso etc. I sottosistemi non sono separati, proprio come nel corpo umano, ma molto interagenti. Se la forzante che mette in moto tutta la vita della Terra è riconducibile all’energia solare, è anche vero che essa agisce in modo diverso sui singoli sottosistemi. I quattro maggiori sistemi che influenzano e formano il clima terrestre sono detti ‘sfere’ e sono: l’atmosfera, l’idrosfera (o oceano), la criosfera e la biosfera.

E’ certamente utile cercare di descrivere i singoli sistemi in modo autonomo; ma solo cercando di capire come avviene l’accoppiamento, si migliora nella nostra comprensione e possibilità di previsione dei comportamenti. Il clima terrestre, e in particolare la nostra sensazione su di esso, è sicuramente influenzato principalmente dall’atmosfera, anche perché noi ci viviamo dentro. Ma studiare l’atmosfera non basta! L’idrosfera (oceani), essendo fatta di acqua salata, possiede infatti delle caratteristiche, come la capacità termica, il calore latente, la dilatazione, che la rendono unica. Se la Terra fosse fatta solo di aria e terra, il clima terrestre non sarebbe com’è! Certe dinamiche dell’atmosfera non potrebbero essere comprese se i due fluidi, atmosfera e idrosfera, non interagissero così fortemente: solo una teoria con i due sistemi accoppiati può farci capire il perché avvengano certi fenomeni e comportamenti climatici.

Nel caso specifico, l’idrosfera è caratterizzata da una capacità termica elevata, per cui è in grado di assorbire e trattenere parecchia energia termica in arrivo dal sole, distribuirla attraverso le correnti in zone diverse da quelle dove sono avvenuti i riscaldamenti. Così facendo, è in grado di riscaldare zone che sarebbero mediamente più fredde: il classico esempio del clima del Nord Europa, che sarebbe diverso se non ci fosse la corrente del Golfo.

 

 

Paola Catapano: Quali sono le caratteristiche fisiche dei mari su cui concentrate i vostri studi e cosa ci possono rivelare?

 

Andrea Bergamasco: Tante sono le caratteristiche su cui gli oceanografi sono concentrati, anche se le principali sono essenzialmente tre: due che ne descrivono la sua densità, e sono la temperatura e la salinità, e una che ne descrive il moto e cioè la velocità. Queste osservazioni, abbinate alle simulazioni dinamiche per stimarne le evoluzioni, ci permettono di capire lo stato attuale dell’oceano e la sua evoluzione a scale diverse, quelle più immediate che hanno ripercussioni sul tempo meteorologico (formazione di uragani e loro propagazione), sul tempo stagionale, e infine sul tempo climatologico.

 

 

Paola Catapano: Tu hai modellizzato per intero il nostro Mediterraneo e hai partecipato a sei campagne nei mari antartici. Che cosa abbiamo imparato da queste spedizioni?

 

Andrea Bergamasco: Abbiamo imparato tante cose, già sapevamo che il mare non sta fermo e si muove... ma come si muove e perché, non era chiaro. Il mare respira in un certo senso, quando è a contatto con l’atmosfera può cambiare alcune sue proprietà, come ad esempio il contenuto di ossigeno o la sua quantità di moto. Mentre quando scivola sotto altri strati d’acqua, ognuno caratterizzato da una sua temperatura e salinità e quindi densità, non essendo più a contatto con l’atmosfera mantiene inalterate alcune caratteristiche.

Questo ci permette di identificare vari tipi di acqua in base alla loro localizzazione geografica di formazione, descriverne poi i movimenti, e infine vederne la trasformazione, attraverso mescolamenti con altri tipi di acqua con cui vengono in contatto. Questo è lo studio della dinamica di queste grandi masse, che poi serve per capire e determinare alcuni processi fondamentali che regolano il clima a scala globale.

 

 

Paola Catapano: Durante il viaggio di Adriatica sulle tracce di Magellano saranno in funzione strumenti messi a disposizione del tuo Istituto, l’ISMAR del CNR di Venezia. Che cosa misureranno questi strumenti e a quale scopo?


Andrea Bergamasco: Per il momento ho previsto di installare a bordo una sonda multi-parametrica per la misura in continuo di Temperatura e Salinità superficiale del mare, collegata con la centralina meteo di Adriatica, che fornirà in contemporanea la posizione, la temperatura e l’umidità dell’aria, il vento e la velocità della nave.



Paola Catapano: Il valore principale di un modello scientifico non è solo darci un quadro chiaro di cosa sta succedendo, ma soprattutto la sua capacità di prevedere le tendenze future. La terra continuerà a riscaldarsi? E quali sono le conseguenze?

 

Andrea Bergamasco: Anche qui si potrebbero dire tante cose… non vorrei dar la sensazione che il riscaldamento sia l’unica finalità per cui si deve studiare la dinamica dell’oceano. E’ assolutamente vero che i modelli numerici e in generale le teorie che formuliamo integrano a fondo le nostre osservazioni, permettendo di darci non solo un quadro, ma un filmato di cosa sta succedendo.

Spesso la nostra previsione serve a verificare che le teorie che abbiamo formulato siano corrette e solo dopo che siamo sicuri, e abbiamo verificato la validità dei nostri modelli possiamo spingerci a formulare scenari o comportamenti di tendenza. Il problema epistemologico che sta sotto il prossimo passo, e cioè quello della previsione, è che il sistema che stiamo cercando di simulare è altamente non lineare, ha un tempo di predicibilità non elevato e due stati anche infinitamente vicini possono evolvere in un tempo finito in due stati molto ‘distanti’ tra di loro. Per questo è difficilissimo fare delle ‘buone’ previsioni e ancora di più è ipotizzarne le conseguenze.

E’ chiaro però che, se le forzanti che spingono il sistema a un surriscaldamento inevitabile continuano ad esserci, la risposta non può altro che essere: si, la terra continuerà a riscaldarsi! E le conseguenze non potranno essere che catastrofiche in una visione globale a scale secolari se non millenarie: innalzamento dei mari dovuto allo scioglimento delle calotte, aumento del contenuto di acqua in atmosfera quindi aumento delle attività meteorologiche, aumento delle energie in gioco, quindi oltre la tropicalizzazione (aumento dei gradienti caldo-freddo), l’aumento delle energie trasferite dai mari all’atmosfera e viceversa, temporali e tempeste più intense, uragani anche in mari più ‘quieti’ come il Mediterraneo etc. etc.

 

 

Paola Catapano: Dopo 6 campagne antartiche e 15 in Mediterraneo e 35 anni di ricerche, hai raggiunto una tua conclusione personale sulle responsabilità del cambiamento climatico? Di chi è la “colpa”?

 

Andrea Bergamasco: Il clima è per sua natura mutevole, cambia cioè come qualsiasi cosa sulla faccia della Terra e in generale in ogni angolo più o meno remoto di quest’universo. In un certo senso, il fatto che l’uomo si sia accorto solo nell’ultimo ventennio dei cambiamenti climatici fa ricordare che, nonostante tutto, ci sono processi di retroazione che rendono ragionevolmente stabile il clima terrestre. Questo ci ha fatto capire l’importanza dell’accoppiamento atmosfera oceano, per esempio.

I cambiamenti che vediamo come attuali, in realtà sembrano venire da lontano: i cambiamenti che si sono verificati da quando l’uomo è diventato agricoltore sembrano essere proprio il punto di partenza. La deforestazione, l’agricoltura stessa, e solo negli ultimi secoli l’industrializzazione, il consumo sfrenato di combustibili fossili etc..

Colpa è una parola "grave"! Anche nel passato ci sono stati climi più caldi e meno caldi, e non c’era la specie homo, a provocare questi cambiamenti. I vulcani, ad esempio, con eruzioni a scala planetaria possono cambiare per molto tempo la forzante solare in arrivo; la stessa traiettoria orbitale terrestre con i suoi cicli opera nello stesso modo. Per finire, ci sono state delle estinzioni di massa sulla Terra e sicuramente non a causa dell’uomo… questo però non toglie nulla alla gravità del momento. Infatti, nel momento in cui ci stiamo rendendo conto che comunque sia abbiamo avuto e stiamo avendo una certa influenza sul clima e sulla sua evoluzione, dobbiamo cercare di minimizzarne gli impatti! E non solo a nostro ultimo fine (ad esempio per i problemi che la popolazione mondiale può avere negli insediamenti lungo le coste per effetto dell’aumento del livello dei mari o per le conseguenze catastrofiche di uragani e cicloni o di aria irrespirabile etc. etc.).

Allo stato attuale delle conoscenze, sembra proprio che ai cambiamenti rapidi cui stiamo assistendo, l’uomo abbia contribuito non poco. Sicuramente ha contribuito, ma non è ancora scientificamente dimostrato che sia stata l’unica causa. Quello che però urge, ora che abbiamo, in un modo o nell’altro, preso coscienza del fatto, è cercare di capire se è irreversibile o se abbiamo modo (non è certo se abbiamo il tempo) di invertire la tendenza.

 


testo 

Questo website utilizza i cookie per migliorare la vostra esperienza d'uso. Proseguendo la navigazione date implicitamente il consenso all'uso dei cookie. close [ informazioni ]