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Non possiamo arrivare a Fatu Hiva col buio!

21 June 2002 ore 20:00

Stanotte il vento è improvvisamente calato. Dopo aver fatto un calcolo sulle scorte di carburante (abbiamo più di mille litri di gasolio, il motore ne consuma circa 15 litri all’ora, il generatore grande consuma 6 litri all’ora e quello piccolo circa 4) Marco ha deciso di andare per qualche ora a motore, soprattutto per non far soffrire troppo le vele e l’alberatura che, sbattendo, subiscono una maggior usura.

Poi, stamattina con circa 12-15 nodi di vento da nordest (notare che l’aliseo dell’emisfero sud dovrebbe soffiare da sudest!) abbiamo issato lo spinnaker. Prima lo abbiamo tangonato con mura a dritta (non ve lo sto a rispiegare…) e poi Vanni e Marco hanno messo due tangoni, uno da una parte e uno dall’altra, per farlo sbattere il meno possibile.

Abbiamo lasciato su anche la randa, bella aperta. All’inizio è stata una gioia: 8-9 nodi. Adesso, che siamo poco prima del tramonto, andiamo a circa sei nodi. La posizione è 10 3 di latitudine sud, 132 27 longitudine ovest, cioè mancano 380 miglia alle Marchesi. Dovremmo arrivare tra due giorni e mezzo-tre. Ed ora comincia il gioco delle previsioni, perché non possiamo arrivare col buio. Per cui bisognerà accelerare o rallentare, a seconda. La prima Isola che vorremmo toccare è appunto Fatu Hiva, una delle più piccole e selvagge. Non ha l’aereoporto, credo, per cui ci si arriva solo per mare.

 

L’altra volta che sono stato alle Marchesi infatti non l’ho potuta vedere. Pare che ci sia un ancoraggio abbastanza sicuro, nella Baia delle Vergini, come già vi accennavo. Ma non se ne parla di arrivare di notte. E sarebbe molto sgradevole dover ballare sulle onde, mettendosi alla cappa, davanti all’isola per aspettare la luce, in caso di arrivo anticipato. Dovremmo restare uno o due giorni a Fatu Hiva e poi andare a Hiva Hoa, la seconda isola dell’arcipelago per numero di abitanti e per importanza dopo Nuku Hiva, dove arriveremo alla fine. Hiva Hoa è l’isola di Gauguin e di Brel. Ho leggiucchiato guide e qualche libro, tra cui quelli di Gauguin. E’ un tipo di letteratura che vi consiglio caldamente.

Secondo me, soprattutto L’Isola dell’Anima, con prefazione di Emilio Tadini, edizioni Red, contiene tutto: dal romazo storico (sono fatti veri ma filtrati da un ego narrativo fortissimo e fantasioso) all’etnologia (si parla delle tradizioni polinesiane con documenti di prima mano) alla filosofia (l’atteggiamento di Gauguin nei confronti della civilizzazione e della natura, le sue motivazioni, le sue aspettative), senza dimenticare che si tratta anche di un documento di storia dell’arte, che riflette il gusto delle avanguardie e della gente comune dell’epoca. Infatti, quando Gauguin morì, il famigerato vescovo Martino (che l’aveva aspramente avversato fin che era in vita per i suoi atteggiamenti anarchici), fece distruggere alcune tele che giudicava licenziose. Alle altre opere di Gauguin non fu data nessuna importanza.

Incredibile come si intrecci la vita di un uomo così incline alla sofferenza, con quella di queste isole, teoricamente votate alla gioia di vivere. Gioia di vivere che, alla fine, è tutta da dimostrare.

Vedremo…

 

Patrizio

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