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Mica male Yasawa, ancora intatta

11 September 2002 ore 20:00

Siamo ancora a Yasawa, l’isola che dà il nome all’arcipelago. Siamo a nord-ovest di Viti Levu, l’isola principale della Fiji. Ma qui non c’è traccia del processo di occidentalizzazione e industrializzazione che a Fiji, più che a Tonga e Samoa, rende le città come Nadi, Lautoka e Suva molto simili ad una specie di centro commerciale.

Qui alle Yasawa non c’è luce, c’è solo qualche radio e qualche radiotelefono per i collegamenti. I villaggi sono piccoli, organizzati secondo una estetica e uno schema funzionale che risalgono a centinaia d’anni fa. Il villaggio che ci sta di fronte, per esempio, è ancora perlopiù composto da capanne di foglie e di legno. E’ ordinatissimo, con pietre colorate e fiori a delimitare i sentieri. Di fronte al villaggio sta la baia principale, ai margini sud dell’agglomerato di casette e capanne c’è la baietta più piccola, con un mare ancora più azzurro. Il tutto condito da palme e da frangipane. C’è anche una piazza, nella quale le donne hanno organizzato per noi un piccolo mercato di oggetti fatti con conchiglie (collanine, cinture), stoffe e frutta. Purtroppo noi abbiamo dovuto deluderne parecchie, perché siamo pochi.

Le contraddizioni della storia: i primi europei vennero da queste parti portando perline e collanine, adesso se le devono ricomprare. (Per non parlare del fatto che dall’Europa sono arrivati qui i missionari a dettare severe leggi morali e religiose, che adesso noi abbiamo dimesso e che invece qui ci vengono imposte, ma questo è il solito discorso…). 

Per tornare al mercatino: viene allestito ogni volta che arriva la barca da crociera, con circa 100-200 turisti. Arriva solo una o due volte al mese. Per il resto gli abitanti mangiano quello che producono (i soliti tuberi, banane, frutta e pesca). Una volta alla settimana una barca a motore di uno del villaggio (che oggi appunto non c’è) va a Nadi, che dista da qui circa 50 miglia (100 chilometri), a vendere frutta-verdura-pesce e ad acquistare altri generi alimentari, tipo zucchero e farina.

Mica male, Yasawa! Se solo potesse rimanere così, in equilibrio tra una economia turistica e una economia arcaica!


Patrizio

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