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Mascarilla, Borbon e Esmeraldas

17 February 2007 ore 12:00

Mattina presto: partenza da Quito, sulla panamericana verso Otavalo dove si trova l'ospedale transculturale Jambi Huasi (che significa, in lingua Quechua, "casa della salute"), diretto dalla dott.ssa Miryam Conejo, che riunisce professionisti della medicina accademica occidentale con figure della medicina tradizionale locale, come la "fregadora" (curatrice e consigliera che opera attraverso varie forme di contatto e massaggio) e lo sciamano, che conosce e utilizza migliaia di piante medicinali locali.

I Curanderos tramandano da millenni le loro conoscenze sulle proprietà medicinali di piante e animali della foresta. La medicina moderna per lo più o ignora questo tipo di conoscenze, o le saccheggia senza che i popoli che le custodiscono ne possano trarre beneficio (biopirateria). Nella speranza di favorire un costruttivo dialogo fra le medicine tradizionali e moderne, c'è chi sperimenta l'incontro fra culture e scienze diverse.

Missione del Jambi Huasi è "migliorare le condizioni di salute della popolazione indigena della provincia di Imbabura, mediante la prestazione di servizi medici, con il massimo rispetto alle persone e alle loro caratteristiche culturali in condizioni di equità". Più vicina alla gente, mantiene in vita le conoscenze coevolute con l'ambiente. Considerazione della persona nel suo complesso e nel suo ambiente: maggiori possibilità di azione. Affronta tutte le maggiori questioni di salute dell'Ecuador: in primis il parto (soprattutto delle donne adolescenti), l'odontoiatria, le malattie infantili e quelle a trasmissione sessuale.

Le popolazioni locali sono coevolute con l'ambiente locale, e si sono adattate ad esso, l'hanno conosciuto e rispettato ma anche "addomesticato": l'influenza tra ambiente e popolazione è reciproca. Darwin diede importanza a quello che succede ai gruppi di organismi inseriti nel loro ambiente locale. Prese sul serio a questi avvenimenti, diede loro un peso nella storia della vita, non li vide come semplici "incidenti" o "errori" nell'immutabile essenza dell'essere.

Certo, a volte possono emergere somiglianze (culturali) tra le diverse popolazioni: ad esempio tra le medicine tradizionali di popoli anche molto distanti. Dopo aver ragionevolmente accertato che queste somiglianze non siano dovute a discendenza comune, si può allora parlare di convergenza evolutiva, ed essa è spesso dovuta alla somiglianza degli ambienti e dei processi evolutivi in atto. Mentre Valeria si intrufola nelle stanze dei curanderos, facendo mille domande, e con Emanuele e Patrizio intervista la direttrice del Jambi Huasi, Ivan e Fabio approfittano per girare l'incredibile mercato di Otavalo, noto in tutto il paese per la sua ricchezza e qualità!


Mascarilla è un villaggio di mille persone, una delle trentotto comunità della valle del Chota, un "frammento di Africa" in mezzo all'Ecuador. Frammento di Africa non soltanto per la somiglianza del clima, o per l'aspetto fisico decisamente africano delle persone, ma anche perché qui è in corso una particolarissima evoluzione culturale: la chiamano rivitalizzazione culturale.

Dopo la liberazione dalla schiavitù, questo popolo ha cercato di sopravvivere trovando lavoro nelle fabbriche e nell'industria del cotone. Poi, con la riforma agraria, lo stato ha assegnato loro terreni da coltivare. Ma presto le coltivazioni esaurirono i terreni. Oggi la ricerca di una nuova forma di sussistenza si lega al "ri-apprendimento" di usi, costumi, cultura, metodi di sussistenza, danze e i canti propri delle loro terre africane, da tempo dimenticati ma in qualche modo "risvegliabili" nelle persone. Almeno, questa è la convinzione dei coniugi Marco e Myriam Ghysselinckx, della Fondazione San Zeno di Verona, e della Associazione Camillo Zaramella di Este, che hanno insegnato alla gente, ad esempio, a realizzare maschere tradizionali africane (che danno il nome al villaggio), ceramiche artistiche, murales, oggetti di cartapesta. L'artigianato e il turismo, dunque, le nuove vie di vita per questa popolazione, legate a un ri-apprendimento e a un ri-racconto delle proprie radici.

Ma è proprio così? Dove era "memorizzata" questa cultura? Forse nella loro biologia o addirittura nella genetica? No, la cultura a quanto ne sappiamo non è scritta nei geni. I geni offrono un arcobaleno di possibilità che si possono spendere nei vari ambienti. Può essere che, statisticamente, qualcosa nella biologia di queste persone favorisca alcuni percorsi piuttosto che altri, ma è da evitare il determinismo biologico.

Quello che è possibile è fare analogie tra biologia e cultura: con cautela, alcuni meccanismi possono essere analoghi. La plasticità ad esempio è la capacità degli organismi e delle popolazioni di sopravvivere a condizioni anche particolarmente avverse "con quello che si ha", perché l'evoluzione non ti dà risorse a comando! Spesso questo cambiamento è veloce - avviene durante la vita dell'organismo, non di generazione in generazione - ma non lascia tracce importanti nella storia evolutiva, e soprattutto se l'ambiente torna quello precedente queste nuove organizzazioni e soluzioni scompaiono. Che gli africani della valle siano o no un esempio di "plasticità culturale", è una festa essere ospitati a Mascarilla e conoscere la loro realtà - che vorrebbe fare da modello anche per le altre 37 comunità. C'è anche una piccola e confortevole stanza per ospitare i turisti. Oggi si inaugura un nuovo centro giovani costruito con l'aiuto economico di famiglie e benefattori italiani, e inoltre c'è una grande celebrazione del carnevale con danze tipiche (come la "bomba") alla quale accorrerà moltissima gente da tutta la valle e anche da altrove!

Noi però dopo aver intervistato tutti e consumato un buon pranzo preparato dalle donne del paese dobbiamo partire, o non riusciremo ad arrivare a Borbon con la luce (ed è meglio non viaggiare di notte!). Borbon - una città di legno con tutto ciò che serve (ospedale, stazione, stadio...) che architettonicamente ricorda il Far West - si trova sul fiume nell'area costiera tra San Lorenzo ed Esmeraldas, un'altra zona abitata da neri africani. La loro storia però è diversa da quella della valle del Chota. Papà Roncon, anziano del paese, costruttore e suonatore di Marimba (strumento musicale tradizionale africano) ci racconta di questa città: sembra che qui a metà del '600 sia naufragata una nave carica di schiavi. I superstiti avrebbero fondato Esmeraldas, l'unica colonia di neri liberi, sogno e rifugio per gli schiavi che riuscivano a liberarsi e a raggiungerla (30 km a piedi nella foresta!). La popolazione si sarebbe distribuita sulla costa e diffusa anche nell'immediato entroterra risalendo i fiumi.

Oggi nessun nero della valle del Chota vorrebbe emigrare sulla costa: "siamo troppo diversi!". La storia dei neri di Mascarilla e della valle del Chota ha lasciato dunque - al di là della plasticità e della voglia di radici - segni e differenze rispetto a una comunità con le stesse origini, ma che per tutti questi secoli è restata sempre in una condizione di libertà. Tra gli stereo a tutto volume (a volte l'unico arredamento delle case!) e gli scherzi d'acqua del carnevale, passiamo la notte in un hotel che ha dell'incredibile, con pareti "comunicanti" e un tentativo di comfort all'interno di una realtà che vive davvero dell'essenziale. Domani ci attende un viaggio in canoa per conoscere la tribù degli Epera...

 

Emanuele Serrelli

Pedagogista e formatore,

Evoluto per Caso

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