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Marcello Jori: La Polinesia e il dolore dell'arte

6 July 2002 ore 20:00

In Polinesia Patrizio è stato raggiunto da Marcello Jori, il pittore che ha dipinto i quadri su Adriatica. Conosciamo l'artista attraverso le sue stesse parole:

 



La mia carriera comincia negli anni '80 a Bologna, io sono nato nell'Alto Adige e poi sono stato adottato da Bologna. Ho fatto il D.A.M.S. (Discipline di Arte Musica e Spettacolo) e cominciato come artista e da allora ho iniziato a fare mostre in tutto il mondo e tuttora sono nel pieno dell'attività. Negli anni '80 sono stato tra i fondatori del nuovo fumetto italiano con Pazienza, il gruppo di Frigidaire, Linus. Mi sono divertito moltissimo a fare fumetti, poi ho lasciato perdere cinque anni fa concludendo col Giappone; comunque ho sparato le mie bordate.

Ho anche coronato il desiderio di scrivere libri. Il mio primo libro è stato pubblicato da Baldini & Castoldi, e si intitola "Il giornalino di Gigi Tempesta". Vuole essere una riscrittura nel 2000 del "Giornalino di Gianburrasca". Parla di un bambino dei nostri giorni. Sono soddisfatto perchè ha avuto un discreto successo ed è diventato un libro di lettura per le scuole medie. Ora sono ricoperto di lettere di bambini che mi scrivono da tutta Italia!

Poi ho scritto un libro per Einaudi sempre sul personaggio di Gigi Tempesta, e poi un romanzo per adulti per la Mondadori: "Nonna Picassa". La trama di quest'ultimo poggia su una storia vera, quella di mia nonna, che ha diretto un albergo per tutta la vita. Io che all'epoca ero un giovane artista concettuale volevo vedere cosa poteva fare una donna che non avesse mai dipinto in tutta la vita giunta in punto di morte, una selvaggia dell'arte e della pittura che si è sempre dedicata ad un albergo. Così le ho chiesto di farmi dei disegni e ho scoperto che questa donna disegnava un po' come Picasso. Allora mi sono spaventato e ho pensato di lasciar perdere, ma lei aggredita dalla malattia dell'arte ha cominciato a rinascere e sempre dipingendo ha riacquistato 8 anni di vita! Mi ha schiacciato con opere di alto livello come fosse diventata una reincarnazione di Picasso...

Fino all'ultimo momento della sua vita dipingeva otto ore al giorno e camminava come toro seduto con tutti i colori in faccia. E' stata un'avventura così potente per me che mi ha dato lo spunto per il libro "Nonna Picassa": una storia spaventosa, la nascita di due mostri: una nonna e un giovane, artista, in competizione fra loro. La nonna che schiaccia il ragazzo che vuole nascere come artista. E' una storia piena di avventura e di truffe da parte del nipote che vuole derubare la nonna... ma leggetela voi stessi. Sono contento perchè il libro è andato bene! Ora dovrei scrivere il prossimo libro per Mondadori, ma le mostre non mi lasciano il tempo.

 



Secondo la tua esperienza, l'arte si impara?

Marcello Jori: No, non si impara. E' una malattia nel DNA, un germe che si sviluppa e l'artista lo riconosce negli altri artisti. No, non si impara, ma si "guarda" nei grandi maestri. Non c'è accademia o scuola che rendano artisti senza questo seme. Certo poi la disciplina e il lavoro sono importantissimi per sviluppare quel seme. Però non si impara, si coltiva. Gli artisti si riconoscono gli uni con gli altri e si "eccitano" fra di loro.

 



Come ti è venuta l'idea di dipingere i quadri per Adriatica?

Marcello Jori: Io dipingevo da anni dei mari scritti, perchè lavoro da anni sulla parola scritta, e questo lavoro si adattava perfettamente ad un viaggio in mare. Per questo ho consegnato sulla barca questi mari che vanno dentro il mare... sono mari di pensiero più che naturalistici... sono un po' tempestosi ma spero facciano buona compagnia all'equipaggio!

 



Cosa sei andato a cercare nel viaggio in Polinesia?

Marcello Jori: In Polinesia con Patrizio vado con l'intenzione di fare una predicazione sul dolore dell'arte. Certo, può sembrare strano: vado nel Paradiso dell'arte a parlare di dolore con Patrizio e Riondino, che sono considerati dei comici?! Ma questo tema assume un senso perchè parte dall'esperienza vissuta da Gauguin, l'artista che per me ha sofferto di più nella storia dell'arte. Il perché abbia tanto sofferto lo dirò nella sua capanna... Comunque Gauguin è un artista che tutti credono un fortunato, ma che invece ha sofferto tantissimo.

Faceva l'agente di borsa ottimamente, ma nel momento in cui ha lasciato tutto per i pennelli è cominciata la sua sofferenza, la sua "croce"; infatti lui si identificava con Cristo. Questo cambio di vita non gli ha dato la felicità sperata, ha vissuto nella povertà più assoluta, senza l'amore della famiglia e dei figli. Abbandonato da tutti, morì da solo in Polinesia con la voglia di tornare, ma senza poterlo fare perchè l'amico gli scriveva: "Tu devi vivere come una persona morta perché stai diventando una leggenda qui in Europa e non devi tornare più!" Questa era la sua vita... E infatti il suo ultimo quadro, alla fine di questo sogno mal riuscito, rappresenta una veduta di Parigi sotto la neve... quello è l'ultimo quadro ritrovato in Polinesia.

 



Un artista deve essere sempre triste?

Marcello Jori:  NOOOO! Ci sono stati artisti con vite sfolgoranti come Picasso. Solo che Gauguin nasce 10 anni prima, quando la borghesia voleva che gli artisti fossero pazzi e li voleva e li faceva sofferenti. Gauguin è il primo artista che si crea un personaggio, che capisce che a fine '800 non basta più fare grandi quadri per essere grandi pittori, ma ci si deve inventare anche il personaggio, e lui lavora sul suo personaggio. E' stato durissimo perché il suo personaggio era disastroso e tragico...

Inoltre Gauguin andò in Polinesia non perché amasse particolarmente questo posto, ma perché voleva vincere la sua battaglia con i posteri. Voleva dimostrare che i selvaggi erano i più grandi artisti e che lui, diventando un selvaggio, sarebbe stato il più grande artista dell'arte moderna. Solo che il suo progetto era di andare lì, far vedere all'Europa quanto era grande e tornare a raccogliere i successi. Ma da lì, da quella trappola mortale non riuscì più a tornare e visse in miseria, nella solitudine più totale, con un unico amico che era una specie di "Venerdì" ignorante d'arte e incapace di parlare, una specie di selvaggio insomma.

 

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