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Il tropico del Cancro è dietro di noi

17 April 2006 ore 12:00

Posizione... Un luogo qualunque nell'Oceano Atlantico!

Invio questo scritto che risale al turno precedente, ma che mi pare abbia un senso anche oggi.


...Un'altra giornata di vela sulla rotta che dall'Europa porta a Capo Verde e poi ai Caraibi. Uguale alle altre, diversa da tutte le altre. Ero a prua, pochi minuti fa, e chiacchieravo con Gianluca. Lui seduto davanti al salpa ancora, guardando avanti verso la meta di Mindelo, ma senza la fretta di raggiungerla. Io seduto in falchetta (il bordo della barca) con le gambe a penzoloni fuori bordo che ogni tanto un'onda più alta raggiunge e mi bagna. L'acqua é già più calda, segno del Tropico che si avvicina. Stamane abbiamo passato i 23°27' di latitudine nord, il Tropico del Cancro é dietro di noi.

"E' strano come tutti a bordo siano persone interessanti" mi dice lui, pensando ai nostri compagni di viaggio. "In realtà ognuno di loro ha qualcosa di interessante da raccontare, una storia e una personalità un po' speciale!". "Si, é proprio così..." E continuiamo su questo soggetto. E' vero che a bordo di una barca come Adriatica, che naviga lontano da tutto e con un progetto come il nostro, vengono persone speciali. Casualmente, ma certamente. O forse é l'Oceano, con la sua grandezza, a far risaltare quanto di speciale c'é in noi.

Io credo che per scegliere di partecipare ad un avventura come la Rotta Rossa si sia per lo meno un po' diversi: - per molti, ma non per tutti -Parafrasando una pubblicità Tv degli anni 80. E' il terzo giorno che stiamo insieme. Ho notato spesso che solo dopo 3 o 4 giorni di convivenza stretta lontano da terra il gruppo si affiata. Le personalità si aprono e, lungi dall'isolarsi, tendono a creare un nucleo affiatato, consapevole di condividere un'esperienza speciale, anche se non eccezionale. Ma forse l'eccezionalità sta semplicemente nel viverla. Per cui nessuno si interessa a "che lavoro fai" o "quanto guadagni", ma solo a "ciò che provi nell'essere qui" o cosa ti aspetti da questa esperienza. Ci si racconta più intimamente che a terra.

Un'altra sensazione nuova per la maggior parte dei miei compagni é data dal rapporto con il trascorrere del tempo. All'inizio, vicino a terra i telefonini ricevevano il segnale e non si riusciva a "staccare" veramente. Gli orari terrestri decidevano del metabolismo di ciascuno. Le chiamate a casa, in ufficio, agli amici scandivano ancora un Tempo che già non era più nostro. Poi, il silenzio. Nessuno squillo. Nessuna tacca sullo schermo del Nokia. La sera che si avvicina. La prima notte al largo, nell'Oceano. I turni di guardia, quelli di riposo. Il ritmo da prendere che é dettato dalla barca, dal mare, dalla natura.

 

Un altro giorno. Il mare prende il sopravvento, ma non ci lasciamo ancora andare. La terra é ancora vicina, almeno nelle nostre menti. Un'altra notte. Un nuovo giorno... Finalmente ti rendi conto che tutto é diverso. Il tuo corpo ha conquistato il tuo cervello e sebbene le guardie scandiscano ancora un tempo artificiale, tu sei un po' diverso, un po' meno condizionato. Nessuno più chiede: "Quando arriviamo? Intendo: a che ora? perché devo dirlo in ufficio. Sai, il lavoro...!" Ora tutti sanno che si arriva in un istante compreso tra il pomeriggio del 6 e la mattina dell'8 aprile. E quando sia non ha importanza per nessuno. Il sole sorge. Poi scompare. E ciò che importa é quello che hai saputo dare e prendere tra l'alba e il tramonto, e tra questo e l'alba successiva. Le stelle, la Luna crescente che inizia a illuminarci durante queste notti oceaniche. Le onde e il vento. E' tutto ciò che siamo in questo tempo.
Questa é la navigazione d'altura. Questa è la vera avventura di Adriatica.
"Di', Gianlu... Ma tu ci pensi mai a quante cose inutili facciamo? A quanti condizionamenti influiscono nei rapporti che viviamo con chi ci sta vicino?"
"Si Fil, e mica ce ne accorgiamo. Anzi, pensiamo che la verità sia quella... Ehi, guarda! Delfini!..."

 

Filippo Mennuni

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