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Gli ingegneri sono un po' dei chirurghi...

17 January 2007 ore 18:00

Gli impegni formali di questa tappa in Cile sono finiti. Marina di Higuerilla è immersa in un silenzio quasi irreale, rispetto al fragore festoso del giorno prima. Il cielo è nuvoloso, l’aria fresca, come tutte le mattine. Ma poi a metà giornata il sole come sempre uscirà fuori ad ustionare la nostra pelle già sferzata da salmastro. Facciamo un breve summit per stabilire il piano di battaglia e poi tutti al lavoro. Il tempo è limitato, occorre lavorare in parallelo per farcela nei pochi giorni di sosta di Adriatica.


Renato sta già lavorando al montaggio del pannello fotovoltaico, arrampicato sul castello di poppa, dove sono concentrati i generatori di elettricità rinnovabile. Massimo e Gianluca sono in sala macchine a mettere a posto il sistema a idrogeno. In breve la barca e la banchina si riempiono di parti di ricambio, tubi, serbatoi, cavi, valvolame. Adriatica sembra un paziente sottoposto ad una operazione chirurgica. In effetti gli ingegneri sono un po’ dei chirurghi, ma il loro compito fortunatamente è più facile; mettono le mani su pazienti costruiti da loro, mentre i chirurghi si devono confrontare con la complessità dell’anatomia delle creature viventi. Lo spettacolo è esaltante: cavi elettrici che come terminazioni nervose portano impulsi ai vari sottosistemi, tubi che come vasi sanguigni alimentano i diversi processi, serbatoi che immagazzinano fluidi vitali al funzionamento dell’impianto. Alcuni componenti hanno del sorprendente, come la bomboletta degli idruri che in qualche litro riesce ad accumulare un metro cubo e mezzo di idrogeno, tanto quanto basta ad alimentare completamente la barca per alcune ore, in assenza di fonti energetiche disponibili.


La tecnologia che sembra così arida e banale quando tutto funziona, mostra il suo lato quasi umano proprio nelle fasi di costruzione e montaggio! C’è ansia ed apprensione per l’esito del lavoro. Tutte quelle operazioni che a casa, in officina sembrano scontate, qui sono più problematiche. Niente può essere lasciato al caso; ogni parte di ricambio, ogni attrezzo sono stati previsti e devono essere disponibili. Siamo in un luogo che pullula di ristoranti, locali, ma non si trova nemmeno una chiave inglese od un cavo elettrico! Il lavoro procede lentamente, ma senza intoppi. Pian piano gli schemi progettuali, stesi come lenzuoli sul ponte di Adriatica, ci guidano nella composizione del puzzle; una miriade di pezzi va a finire finalmente nei posti giusti.

Non ho il tempo di assistere all’avviamento del sistema, per verificarne il corretto funzionamento. Devo partire, domani a Santiago ho il volo che mi riporta in Europa. Un brindisi di saluto con spumante cileno, con cui il Comandante Filippo ha voluto ancora una volta testimoniarmi la sua amicizia; un legame forte che è nato su Adriatica tra le difficoltà del progetto e tra le onde dell’oceano, che sicuramente continuerà anche dopo la conclusione di questa esperienza. Un abbraccio forte ai miei collaboratori, un augurio per l’esito del lavoro, mentre tutti insieme incrociamo le dita!


Franco Donatini

Resp. Sistemi di Generazione della Ricerca di Enel

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