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Già 1.300 miglia navigate dalle Galapagos

12 June 2002 ore 20:00

Il vento tiene, stiamo sempre dentro una media di 200 e passa miglia al giorno, navighiamo a dieci nodi. Leggo la posizione mentre qui sono le 15 e 35: 7 49 latitudine sud, 109 12 longitudine ovest.

Per fortuna Marco non è stato costretto a strambare o a mettere randa e fiocco a farfalla (cioè uno da una parte e uno dall’altra) perché rolliamo già abbastanza così. Abbiamo sempre il vento al gran lasco, da sud-est, e andiamo con mura a sinistra. L’espressione “mura a sinistra” sa di castello medievale, in realtà si può dire che il vento ci arriva da sinistra e, se Adriatica fosse la mia testa, il vento arriverebbe esattamente dietro all’orecchio sinistro.

Il che a me fa molto piacere, visto che ho la mia cuccetta a destra e quindi non devo stare aggrappato con le unghie al telo anti-rollio, ma vengo spalmato comodamente contro la parete della cabina. Peccato solo che Marco e Vanni, d’accordo con me, abbiano a suo tempo montato lungo questa parete una rete portaoggetti. Alla mattina ho la rete ricamata sulla coscia sinistra, e i relativi ganci piantati nelle natiche…

Il tempo è migliorato, oggi c’è il sole. E anche in barca si sta meglio. Vanni tiene un passamontagna contro il suo ascesso, col cappello di Giacomo da contadino in testa, che lo fa sembrare un Subcomandante Marcos padano, solo alla mattina, poi se lo toglie. Tutti ci stiamo abituando al movimento della barca, anche io. Abbiamo messo i nostri orologi un’ora indietro: adesso la distanza che ci separa da casa (nove ore di fuso orario e non so quante migliaia di chilometri) è aumentata, in tutti i sensi.

 

 

Più tardi


La settima giornata di navigazione sta andando avanti, sempre con l’aliseo che soffia a 20 nodi. Forse entro sera arriveremo al traguardo delle 1300 miglia percorse dalle Galapagos! E’ un risultato straordinario. Tutti ci tocchiamo, perché il vento regga. Se non fosse per Marianna che tormenta la chitarra di Davide Riondino, cercando di ululare una canzone di De Andrè, si comincerebbe a stare davvero bene. Io sto rileggendo qualche libro, in particolare uno di Folco Quilici che parla della Polinesa, e non vedo l’ora di arrivarci. 

Mi fa impressione “tornare” alle Marchesi, e stavolta in barca. Davvero è stato a Nuku Hiva, due anni fa, che l’idea di Syusy di fare il Giro del Mondo con una barca a vela mi è sembrata possibile. E mi son fatto tatuare “velistipercaso” coi simboli maori, e poi tutto il resto. Il “ferrovecchio” e il cantiere a Fano e il varo e il Salone di Genova, la partenza da Marina di Ravenna, Gibilterra, l’Atlantico, Cuba…

Adesso ci arrivo davvero, si realizza questo sogno. Non che io sia cambiato, cambiato veramente dentro, però è un fatto: ci siamo riusciti. Oddio: sto correndo troppo. Ci siamo quasi riusciti. Siamo solo a poco-poco più di un terzo del tragitto dalle Galapagos alle Marchesi. Mi aspettano (se va bene) altri 12 giorni circa di traversata.

Ma la fantasia corre sempre più forte di tutto, anche di Adriatica. Tanto lo so come va a finire: con la testa anticipo i momenti, mi commuovo nel pensiero e poi, quando le cose succedono davvero, non mi fanno più né caldo né freddo. Vivo sempre nel passato e nel futuro, mai nel presente. E, in questo senso, la barca non mi ha fatto cambiare più di tanto. Semplicemente la sua imprevedibilità, a volte, mi spiazza.


Patrizio

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