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Fisica in barca

Dal principio di Archimede alla forza dei venti

Intervista doppia a Patrizio e Cino Ricci

A cura della redazione di "Nuovo Abitare"

Fisica in barca

Se si vuole diventare dei velisti provetti, prima o poi si devono fare i conti con alcune materie più teoriche, quelle materie che a scuola consideravamo fra le più difficili e, ammettiamolo, a volte addirittura inutili. Niente di più sbagliato! Tutti i velisti (per caso e non) che decidono di partire per mare sanno bene che conoscere alcuni principi di fisica aiuta a governare meglio la barca e, oltretutto, ci fa credere di sapere esattamente cosa succede sotto l'azione del vento, delle onde, ecc.. Inoltre, le imbarcazioni a vela si prestano in maniera particolare a un certo tipo di osservazioni, tanto da essere da molti definite dei veri e propri laboratori galleggianti.

Adriatica, per noi il laboratorio galleggiante per definizione, si è a lungo prestata a progetti di divulgazione scientifica legati alla fisica: per 4 anni, dal 2005, la Rossa dei Mari è stata infatti protagonista della Fisica in barca, organizzata dall'INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) in collaborazione con il CERN. Sperando che si possa ripetere presto l'esperienza, ne approfittiamo per ricordarvi alcuni dei principi di base, quei principi che potete osservare ogni volta che salite a bordo della vostra imbarcazione.

Che si tratti di un veliero o di una bagnarola, una delle necessità primarie di ogni barca è galleggiare. Nell'antichità i navigatori non riuscivano a spiegare questo fenomeno, e qualcuno probabilmente ha addirittura pensato che a tenere a galla le imbarcazioni fosse una forza magica. Oggi, dopo millenni di navigazione, spieghiamo questo fenomeno grazie al principio di Archimede. Si tratta, più semplicemente, della spinta idrostatica che “si manifesta su un corpo immerso in un liquido in equilibrio come una forza verticale diretta verso l'alto, di intensità pari al peso del volume del liquido dislocato dal corpo stesso”.*

E', in altri termini, una sorta di riluttanza all'affondamento! Come sappiamo bene, però, una volta in barca sono varie le cose di cui ci si deve preoccupare, non ultima la necessità di avere un mezzo stabile, capace di darci una certa sicurezza durante la navigazione. Ecco quindi che sentiamo parlare di stabilità e di metacentro, ossia di quel punto ideale dato dall'intersezione dell'asse di simmetria dello scafo “con una retta verticale passante per il centro della carena”.* Finché il metacentro rimane al di sopra del baricentro la barca è stabile, ma se il metacentro dovesse scendere sotto il baricentro preparatevi a rovesciamento dell'imbarcazione! Il velista deve quindi stare attento alle forze del mare e dell'acqua, ma non può sottovalutare ciò che viene da fuori, dall'aria. Se ci chiediamo come fa una barca a spostarsi, la prima cosa che ci viene in mente è “perché c'è vento!”. E non abbiamo torto.

Ma come si riesce a governare il vento? O meglio, come facciamo a usare questa forza per portare la barca dove vogliamo noi? Il segreto sta nella portanza, ossia – come ci spiega il dizionario nautico – la “componente perpendicolare della forza generata sulla superficie di un solido (vela, timone, deriva, ecc.) per effetto del suo movimento in un fluido; ad esempio la portanza della deriva è la forza che si oppone allo scarroccio” (n.d.r. L'altra componente è detta resistenza). Per capire meglio, provate a immaginare cosa succede quando, in auto, mettete la mano fuori dal finestrino: la reazione alla forza del vento, a seconda che la mano sia perpendicolare rispetto alla direzione del veicolo (resistenza) o rivolta verso il basso (portanza), indica la differenza fra le due componenti.

Naturalmente un fisico vi direbbe che non è così semplice e che le cose da tenere in considerazione sono di più. D'altra parte qui non possiamo pretendere di andare oltre il tentativo di incuriosirvi o, per chi già conosce questi principi, di approfondire! Proprio in queste settimane due dei fisici che hanno partecipato alle scorse edizioni della Fisica in barca – Gian Piero Siroli e Alessandro Stecchi – hanno pubblicato un interessante articolo che, sicuramente, può darvi un'idea più precisa di cosa siano il principio di Archimede, l'equazione di Bernoulli e quelle di Eulero, ma anche la differenza fra vento reale e vento apparente e il teorema della rotta.

Se volete capire meglio quali sono gli studi dietro la creazione delle barche dell'America's Cup, o anche più semplicemente della vostra imbarcazione, date un'occhiata al loro contributo, uscito sul numero di febbraio de Le Scienze!

Buon vento!
Serena Canu
Redazione di Velistipercaso.it

*Le parti con l'asterisco sono citazioni tratte dall'articolo di Siroli e Stecchi.

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