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Conosciamo Peter, il ranger delle iguane verdi

6 September 2002 ore 20:00

Ci siamo svegliati poco prima dell’alba, io, Vito, Luciano, Gigi e Daniele, l’operatore. Poi ci siamo incamminati per il sentiero che attraversa l’isola, all’inizio del quale tre anni fa lo stesso Gigi ha messo un bel cartello scolpito su legno. La scultura si è cancellata, ma il cartello è rimasto.

Anche stanotte è piovuto: il sentiero praticamente è un torrentello fangoso. Per la prima mezz’ora abbiamo camminato in piano, in un intrico di palme, cocchi e altre piante umide. Poi abbiamo cominciato a salire sul colle che domina l’isola, sopra al quale c’è un piccolo faro alimentato da un pannello solare.

Da qui la vista dell’isola, con le sue mille baie e baiette, è davvero stupefacente. Poi siamo scesi dall’altra parte, risaliti per un costone, riscesi… e finalmente siamo arrivati al villaggio di Yandua. I locali c’avevano detto che ci sarebbe voluta un’ora buona, i barcaioli c’avevano detto un’ora e mezza… Noi ci abbiamo messo quasi tre ore! Ma alle 8 e mezza siamo arrivati. Il villaggio è il più lindo, originale, vero, tradizionale che ho mai visto qui tra Tonga, Fiji e Samoa. Le capanne sono ancora in paglia. E’ pulitissimo, tranquillo, con la gente intenta a fare le sue cose (tipo seccare pesce, pescare o altro).

Abbiamo trovato Peter e con lui siamo andati nella capanna del capo, a fare sevu-sevu, che vuol dire rendergli omaggio, regalargli un mazzo di radici di cava e salutarlo. Peter e il capo hanno officiato per noi la cerimonia della cava, che è stata la più naturale e vera a cui io abbia partecipato. Ma la cosa bella è che ogni abitante del villaggio (un centinaio) ha voluto essere salutato e salutarci e farci qualche domanda in buon inglese. Poi finalmente Peter ci ha accompagnato dalle iguane. Nessuno sa come e quando siano arrivate sull’isolotto, che sta di fianco all’isola principale di Yandua.

Si tratta di una razza che vive solo qui, in tutto il mondo. Ci siamo avventurati sull’isolotto (dopo un atterraggio avventuroso con la barca di Peter, tra i coralli e la bassa marea) e ci siamo inoltrati nella boscaglia, fitta di ibiscus, l’unica pianta che le iguane mangiano. Si mimetizzano perfettamente con le foglie e la corteccia degli alberi, per cui abbiamo faticato a vederle. Poi Peter ne ha addirittura catturata una. Sono piccole, raggiungono una lunghezza massima di circa 50 centimetri. Sono appunto verdi, con una cresta più scura. Il buco delle orecchie è passante: si vede dall’altra parte!

Ogni iguana femmina fa quattro uova all’anno, che si tiene in grembo sei mesi e poi sotterra per altri tre mesi. Qui sull’isolotto riescono a sopravivere, anche perché Peter tiene alla larga i loro nemici: soprattutto cani e gatti che mangiano le uova e i piccoli.

Le iguane sono state belle da vedere. Ma la cosa interessante è stato soprattutto Peter, che ha dimostrato coi fatti l’attaccamento di questa gente al loro territorio, alla loro natura, ai loro animali, alle loro specificità: in una parola alla loro cultura.

 

Patrizio

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