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Durante il viaggio di Adriatica lungo il Tirreno sulle rotte dei Popoli del Mare, Syusy ha fatto tappa anche a Orbetello, dove ha conosciuto alcuni membri del Gruppo Pangea di Padova. Accomunati dallo stesso interesse per le antiche popolazioni di navigatori che hanno solcato i mari del Mediterraneo, Diego Marin e i suoi colleghi hanno pubblicato il libro “Atlantidi. I tre diluvi che hanno cancellato la civiltà”, dove raccontano le loro teorie sulle catastrofi che avrebbero sconvolto gli equilibri del Mediterraneo e del mondo intero. Abbiamo fatto a Diego qualche domanda in più, per toglierci alcune curiosità, approfondire gli aspetti storici e capire come si può legare la storia dei Popoli del Mare al mito di Atlantide!

 

Il gruppo Pangea si è occupato della città perduta di Atlantide. Come si lega il mito di Atlantide alle attività dei famosi Popoli del Mare?
Nella Palestina e nel Libano dell’età del bronzo a.C. viveva un popolo noto come Shasu. I capi di questo popolo erano chiamati Sabei, Sabini od Hyksos. Di loro si legge che fossero vegetariani, che non pregassero e non facessero sacrifici, ma credessero ad un Dio Unico. Platone racconta le stesse cose sugli Atlantidei. Inoltre degli Atlantidei sappiamo che erano diretti da un’elite di re-sacerdoti noti come “Sette Sapienti” o “Seguaci di Horus”, mentre presso i Sabini troviamo l’“Ordine di Melchisedek”. Curiosamente Melchisedek, citato anche dalla Bibbia, è identificabile per molti tratti con l’Horus egizio. Quindi i Sabini potrebbe essere gli eredi di Atlantide. Diversi gruppi appartenenti ai Popoli del Mare, tra cui i Sardi (Shardana) e i Sabini italiani, derivano da migrazioni di questo popolo verso occidente (ad esempio in Sardegna).

 

Durante il viaggio di Adriatica sulle rotte dei popoli del Mare, Syusy si è fermata a Orbetello, ma anche ad Alatri e nel Circeo. Secondo le vostre ricerche, cosa accomuna tutti questi luoghi?
Ad Orbetello, Alatri, San Felice Circeo, troviamo delle muraglie o roccaforti costruite dai Sabini con la tecnica delle “mura poligonali”: pietre a secco intagliate secondo forme irregolari, scolpite e adattate in loco una sull’altra. Oltre al carattere antisismico di queste costruzioni, notiamo la loro somiglianza con opere connesse al mito di Atlantide, come il Sacsayhuaman peruviano. Il peso delle pietre è notevolmente ridotto, ma ne mantiene lo stile. Questi luoghi, insieme ad un’altra ventina, si dispongono sulla terra seguendo il disegno delle costellazioni legate al mito di Ercole (le 12 fatiche), per esempio Leone, Gemelli, Orsa Maggiore ed Ercules. C’è un noto re, Sargon di Akkad, che veniva paragonato ad Ercole e ad Horus. Egli aveva unificato sotto il suo potere la Mesopotamia e il Medio Oriente, comprendendo il popolo dei Sabini. Ammesso che i Sabini siano migrati in Italia al tempo di Sargon, è possibile che la disposizione dei siti italiani sia connessa al loro sovrano akkadico.

 

Secondo voi è possibile ipotizzare un'Atlantide Mediterranea?
I testi classici greci sono espliciti riguardo alla localizzazione di Atlantide sulle colonne d’Ercole, e non “oltre” come si legge spesso. A quel tempo le Colonne d’Ercole erano lo stretto di Messina; infatti secondo il mito “Ercole vi piantò il monte Peloro all’imboccatura del Tirreno per evitare un altro diluvio”. Oltre le colonne c’era l’Oceano, ma “Oceano” era il termine che i greci usavano per il Tirreno, tant’è vero che Ulisse percorre l’ “Oceano” per viaggiare dalla dimora di Circe nel Lazio fino alla Cuma campana, dove troviamo l’accesso agli inferi nei pressi del lago Averno. Quindi un'Atlantide nel Mediterraneo c’è stata, presumibilmente in Sicilia. Tuttavia, una piccola parte di quei testi, uniti ad una moltitudine di testi di altri paesi lontani come l’India, il Messico e il Perù, ci dicono che l’Atlantide mediterranea fu una “seconda Atlantide”, costruita dopo il diluvio, intorno al 12.000 a.C.. La prima era in un luogo dove “il giorno e la notte duravano 6 mesi”.

 

Quali sono le fonti che parlano dei Popoli del Mare?
La più antica menzione degli Shardana si trova nelle lettere di Amarna, corrispondenze fra Rib-Hadda di Biblo e il faraone Akhenaton, databili al 1350 a.C. circa. In questo periodo appaiono come pirati e mercenari, pronti ad offrire i loro servizi ai signori locali. Il faraone Ramses II (al potere dal 1279 al 1213 a.C.) sconfisse gli Shardana nel suo secondo anno di regno, quando tentarono di saccheggiare le coste egiziane assieme ad altri PdM come i Siculi e i Lukka della Turchia sud-occidentale. Dopo la battaglia navale il faraone scelse di incorporare molti di questi guerrieri nella sua guardia personale. Un'iscrizione di Ramses II, incisa su una stele ritrovata a Tanis, descrive le loro incursioni e il pericolo costante che la loro presenza portava alle coste egiziane. Gli Shardana furono poi citati nell'iscrizione di Kadesh, dove si afferma che 520 di loro fecero parte della guardia personale del faraone nella battaglia di Kadesh fra Egizi ed Ittiti. Anni dopo, una seconda ondata di Popoli del Mare comprendente gli Shardana e stavolta anche Sabini, Achei e Libici, venne respinta dal figlio di Ramses II: Merenptah. Nel 1.180 a.C. toccò a Ramses III, impegnato in un'importante battaglia contro gli stessi, uniti ai Troiani, il cui resoconto è riportato sulle pareti del tempio di Medinet Habu a Tebe. Gli Shardana sconfitti furono catturati e arruolati nell'esercito del faraone. La presenza dei troiani suggerisce come la guerra raccontata dall’Iliade non avesse decretato la fine definitiva della città. Forse furono proprio i troiani a chiamare in Oriente i terribili Popoli del Mare! E ciò è ancora più probabile se ricordiamo che Troia fu fondata (secondo il mito) da Dardano, nipote di Atlante re d’Atlantide… Nel libro abbiamo aperto le ricerche sull’argomento, ma altri indizi sono più recenti e destinati a pubblicazioni future…

 

Che progetti ha l'Associazione Pangea per il futuro?
Per il futuro si stanno valutando collaborazioni con il Centro Studi sulle Mura Poligonali di D. Baldassarre, con l’artista Vincenzo Bianchi e con l’antropologa Annalisa Copiz (che ha già scritto tre libri sull’opera poligonale e ha girato un breve documentario per RAISAT). Quest’ultima, insieme al padre Giorgio, è autrice della scoperta sovra citata sulla corrispondenza tra le fortezze megalitiche e le costellazioni di Ercole-Sargon. Sviluppi riguardanti l’Antico Egitto saranno forse possibili nell’ambito della collaborazione ARE—PANGEA. Anche le teorie dell'Associazione Culturale Pangea, quindi, sembrano confermare le ipotesi di Syusy sull'esistenza in tempi remoti di un'Atlantide mediterranea. I misteri legati alle antiche popolazioni di navigatori e agli inconfondibili segni che hanno lasciato lungo le coste del Mare Nostrum sembrano pian piano dare spazio possibili interpretazioni: le mura ciclopiche che si trovano in Turchia, ma anche nel sud dell'Italia e lungo il Tirreno, sarebbero state costruite proprio da loro!

 

Nel loro ultimo libro “Atlantidi. I tre diluvi che hanno cancellato la civiltà”, i membri del gruppo Pangea espongono i risultati di una ricerca sul tema del diluvio universale e sulla città perduta di Atlantide. Naturalmente Diego e i suoi colleghi non sono stati i primi a studiare questi reperti e gli scritti antichi che li riguardano, ma il loro lavoro è forse il primo ad essere stato poi discusso in maniera collaborativa con il mondo accademico. Vi proponiamo una brevissima recensione del volume, per capire un po' meglio cosa c'entrano i nostri mari con la mitica città di Atlantide e quali sono, invece, le teorie che vedrebbero quest'isola non nel Mediterraneo ma in un luogo dove “il giorno e la notte durano 6 mesi”.

 

ATLANTIDI cerca di ricostruire la vicenda della prima civiltà che la memoria degli uomini ricordi. Sebbene arricchita nel tempo di elementi fantastici ed esoterici, essa ha conservato intatto il suo scheletro di avvenimenti reali e ci rivela quanto accadde sulla terra negli anni che al termine dell’ultima era glaciale estinsero la gloria delle genti, fino a ricondurle allo stato di cacciatore-raccoglitore. Le civiltà più antiche raccontano che i sopravvissuti di un’epoca precedente vennero da Atlantide nei loro territori. Erano degli esuli, scampati con le loro navi alla morsa che aveva serrato l’Antartide. Essi adoravano un’unica divinità, ritenevano sacro il serpente ed assegnavano tale epiteto ai loro uomini più grandi; erano maestri della navigazione, della geografia, dell’astronomia e dell’architettura, cartografarono l’intero pianeta e costruirono immensi monumenti; presto furono adorati come dei. Le loro carte e i loro monumenti sopravvivono ancora oggi, insieme a templi costruiti con massi levigati pesanti fino a mille tonnellate, trasportati da cave lontane centinaia di chilometri, con sistemi che nemmeno lontanamente riusciamo a comprendere.”


Serena Canu

Redazione Velistipercaso.it

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