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Alla vigilia della partenza

20 January 2009 ore 12:00

Fra una settimana Simone Perotti partirà con Pasaya, splendida imbarcazione, alla volta della Thailandia, per un viaggio-avventura che celebri i 140 anni di rapporti diplomatici fra il nostro Paese e la Nazione del Popolo Thai. In esclusiva per i lettori di Velistipercaso un'intervista allo scrittore-skipper alla vigilia della partenza.


Velisti per Caso: Prima di tutto una curiosità: è vero che l'acqua di mare dissalata non è proprio come quella in bottiglia?

Simone Perotti: Sì è abbastanza vero: l'acqua dissalata fa veramente schifo.


VpC: Quindi farai di tutto per farne a meno: come ti regoli per la cambusa?

Simone: Va detto che per quanto ci riguarda, salvo alcuni tratti in Oceano Indiano noi saremo sempre abbastanza vicini alla costa, tenendoci in alto mare o tra isole poco servite per tratti di cinque o sei giorni, massimo sette, non di più. Per esperienza ho sempre notato che dell'acqua a bordo se ne fa un gran parlare, se ne acquista troppa, e questo è un problema, perché pesa e non sempre la si può stivare nella sentina. Se la si mette più in lato si alza il centro di gravità e la nostra Pasaya è già abbastanza "tirata" di suo, con un momento di sbandamento da cardiopalma, dunque non ci servono emozioni ulteriori. Per queste ragioni, no: non avremo dissalatori, e faremo una normale cambusa d'acqua potabile, sapendo che, comunque, avremo i serbatoi della barca pieni, in caso di estrema necessità. Pasaya è appena stata varata dopo un refitting totale, e ha i serbatoi belli puliti. Con un po' di amuchina (non troppa!) il discorso acqua e sua salubrità è risolto. E' pur vero che quando si fanno dei viaggi lunghi occorre pensare che si potrebbero avere avarie, andare alla deriva magari per giorni, insomma... corna facendo si deve avere a bordo quanto basta. In estate direi che ne serve il doppio che in inverno. Diciamo che se d'inverno si dispone di un litro a testa al giorno si sta più che al sicuro. Per la nostra prima tratta significa nove litri al giorno, moltiplicati quattro giorni per raggiungere Messina vuol dire trentasei litri, se ci aggiungiamo tre giorni di emergenza vuole dire cinquantotto litri, ovvero una quarantina di bottiglie da un litro e mezzo. Niente di preoccupante. Probabilmente ne imbarcheremo di più, ma come vedete il tema non è dei più gravi da risolvere.


VpC: E per quanto riguarda il cibo da portare come ti regolerai?

Simone: Personalmente detesto mangiare male. Sono bandite dalla barca le pappette, le minestre liofilizzate, i prodotti a lunga conservazione, lo scatolame insulso, mentre sono privilegiati i cibi freschi che si possono conservare per giorni (patate, cipolle, aglio, carote, e così via) e lo scatolame significativo (sugo di pomodoro, tonno, acciughe eccetera). Molti biscotti e molto parmigiano (energia facile da assumere anche di notte, anche con mare forte, senza piatti o posate), pane e crackers di varia natura. Sono abbastanza complicati da portare e mantenere il pollo, il latte, la carne rossa in generale (anche se d'inverno è più semplice), il burro (olio d'oliva sempre, invece!). Insomma, mangiare male fa vivere male e fa navigare peggio.  


VpC: Passiamo a dettagli più... tecnici: che tipo di vele hai scelto di portare?

Simone: Abbiamo tutto doppio, ma non molte vele a disposizione: randa con tre mani di terzarolo, tormentina, genoa rollabile e gennaker. Niente tangone e niente spi. Tutte vele in dacron, toste e pesanti, tanto lo Sleeker 45 è già veloce di suo. L'armatore ha spedito le vele in carbonio in Thailandia direttamente via cargo, perché lì Pasaya farà regate e ha tutta l'intenzione di vincerle. Ma per il trasferimento non servono. Navighiamo in stagioni un po' più toste del dovuto e non credo avremo problemi di propulsione a vela, semmai il contrario... Avremo tutto duplicato per quanto riguarda le manovre e prevedo che se abbiamo vento, come avremo, dovremo cambiare la drizza della randa almeno una volta prima di Tel-Aviv. Pasaya ha un randone gigantesco e sotto vento lavorerà moltissimo sul punto di penna, in testa d'albero.


VpC: Esiste una figura preposta al controllo dell'attrezzatura di bordo o la effettui personalmente?

Simone: Io mi fido poco di chiunque, in fatto di navigazione, ma mi fido ciecamente dei due maghi del design nautico Oliviero Godi e Renzo Fognini, titolari della Sleeker Boats, che hanno disegnato e costruito questa barca. Tra l'altro, responsabilmente, l'hanno tirata a secco per tre mesi di lavori di rinforzo, semplificazione dei circuiti, razionalizzazione dei pesi e hanno fatto un completo refitting della barca nonostante fosse nuova e avesse navigato assai poco. Ovviamente questo non esime comandante e marinai dalla verifica continua, costante direi, di tutta l'attrezzatura. Mentre si naviga l'occhio va in giro senza posa per il ponte e controlla tutto. E' l'usura il problema maggiore, e se le barche si tirano un po' l'usura aumenta. Il miglior meccanico è il marinaio, da sempre. E prevenire il danno è decisivo a bordo.


VpC: Quali strumenti vanno esaminati con particolare scrupolo?

Simone: Le cose da controllare con maggior attenzione sono le vie d’acqua, che non facciano entrare acqua di mare, le condizioni del motore, perché se serve deve funzionare, le batterie, perché sulle lunghe rotte tendono a scaricarsi (anche se siamo alimentati a energia solare per ricaricarle), e poi ovviamente il rigging, la parte sul ponte, cime, scotte, borose, drizze, paranchi, oltre agli snodi, che col movimento rischiano sempre: trozza e varea del boma, vang pneumatico, bozzelli a piede d’albero, frenelli, timone, e via così. Praticamente… tutto!!  


VpC: Al giorno d'oggi la tecnologia a bordo è sofisticatissima: si può dire che ormai le carte nautiche sono da considerare strumenti superati?

Simone: Io credo molto nella tecnologia. Prima della scoperta della longitudine si andava a scogli una volta su due. Questa è tecnologia! Prima della scoperta della bussola era impossibile navigare se non costa-costa. Questa è tecnologia! Nessuno se ne è mai lamentato, anzi. Idem per plotter cartografici, ssb, computer di bordo... facilitano il lavoro, lo rendono più preciso, evitano rischi, aumentano la sicurezza. Insomma, decisamente opportuno avere tecnologia a bordo, purché sia utile, essenziale, non troppo complicata. Il tutto "ridondato", cioè con sistemi di backup (tradotto in italiano: in caso se ne rompa uno ne abbiamo un altro, ). Poi, detto questo, bisogna usare le carte nautiche, verificare sempre su carta che quel che si vede sul monitor sia vero. Bisogna saper navigare su carta, col compasso, per poter usare responsabilmente la tecnologia. Avremo carte di tutti i tratti (anche perché sono obbligatorie) e portolani di ogni porto sulla rotta (a loro volta obbligatori). Vedere la mappa di un porto disegnata su carta a me riesce sempre più facile che guardarla in video. 

 

VpC: Nel corso del viaggio accoglierai degli ospiti sulla barca: come sono stati scelti?

Simone: Sì: ci sono viaggiatori/clienti della società armatrice e viaggiatori/marinai scelti per lavorare. E' possibile salire su Pasaya e fare un pezzo con noi, basta scriverci un post sul sito www.genovaphuket.com e noi prendiamo nota di chi vuole salire a bordo e su quale tratta. A bordo, oltre a me e a Renzo Fognini, ci saranno altre sette persone. In generale comunque, a parte due o tre persone che non conosco quasi, sono persone scelte perché capaci di navigare e adatte a un viaggio del genere. Se devo farmi un pisolino di mezzora, comunque, so che c'è Renzo, trentino di nascita, bergamasco di crescita, designer della barca, grande marinaio. Uno che se prendi una burrasca imprevista è decisamente utile avere a fianco. Ha una forza fisica impressionante e sa navigare.  


VpC: Hai qualche portafortuna come un oggetto, una foto, un indumento o uno strumento di navigazione particolare?

Simone: Io non sono molto superstizioso. Non ho oggetti particolari. La mia attrezzatura è la stessa da sempre e la considero un portafortuna. Un giorno ho preso mare forte in Corsica. Il vento è arrivato, sotto raffica, a 50 nodi. Ero con un amico velista e un amico che non aveva mai navigato (che ho chiuso sottocoperta). Quel giorno, non prendetemi per pazzo, ho dialogato con qualcosa, qualcuno, e abbiamo fatto un patto. Io non romperò mai le regole di rispetto del mare (ambiente, sicurezza, tutela, valorizzazione del mare...) e "lui", chiunque sia, mi farà passare. Mi basta questo patto, a cui ho sempre tenuto fede.


VpC: Cosa puoi dirci del rapporto che ti lega a Pasaya?

Simone: Con Pasaya siamo in rapporti di conoscenza. Non ci ho navigato sopra, ma accanto. So tutto di lei da fuori, perché ho seguito le tappe progettuali, i disegni, le prime prove etc. Sarò umile con lei, cercherò di capirla. Renzo ovviamente sa anche quanti peli ha... sulla chiglia, e questo mi aiuterà molto. Ma le barche ci vuole tempo a conoscerle. Non le tirerò mai il collo e passerò franco da scogli e ostacoli (anche perché "pesca" 3 metri!), e cercherò sempre di farla correre al meglio, ma un nodo sotto il limite. Navigare significa prima di tutto cercare assetto, equilibrio, sicurezza. Non sono uno che ama il limite, anzi: adoro ogni cosa che sta al di qua, del limite. La terrò in questa zona, e sono certo che lei mi ripagherà con la sua collaborazione.


VpC: Quale sensazione prevale sulle altre alla vigilia di una partenza come questa?

Simone: Le sensazioni che prevalgono sono senza dubbio quelle attribuibili alla paura. Io ho paura del mare, sempre. Lo temo, lo guardo in tralice, faccio finta di non sentire i suoi boati. Mi terrorizza chi non ha paura del mare. Mi fa venire l'orticaria. E ne conosco di gente così...! Io invece ho paura. Ma paura vera. Poi quando salgo a bordo, piano piano, entro nella storia, come quando si scrive un romanzo, e allora le cose migliorano, ma sento sempre dentro il ruggito delle onde che anni fa mi hanno dato una mazzata sul collo che mai dimenticherò. Credo di essere diventato un marinaio proprio quel giorno!

 

Emiliano Frignani

Redazione Velisti per Caso

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