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Al riparo a Caleta Ideal, di nome e di fatto

20 February 2007 ore 18:00

Posizione: 47°43',9S - 074°52',2W. Caleta Ideal. Ancoraggio lungo la rotta verso sud. Ore 12:35 LT.
Vento da Nord a 25 nodi. Pressione 1011,3 Mb, in discesa, copertura del cielo 8/8. Umido e con scrosci di pioggia continui e bruma. Temperatura 8 gradi.

 

E' l'alba del 20 febbraio. Ho le dita intorpidite dal freddo che tento di scaldare attorno alla tazza del thé caldo mentre batto la tastiera del computer di bordo schiacciando due o tre tasti alla volta a causa della rigidità. Solo il tempo di strapparmi di dosso la cerata umida e gocciolante prima di scrivere queste righe.

Finalmente siamo all'ancora in questa caletta che ha il nome che si merita: Ideal. E' ideale per molte ragioni. La prima é la sua posizione, subito a sud del Faro San Pedro, che é la bocca di ingresso al Canale Messier, il primo dei canali del sud che ci porterà dritto dritto alla Tierra del Fuego. Dopo la lunga notte in oceano aperto con mare lungo e incrociato con onda corta del vento, non avevamo voglia di navigare un solo miglio in più.  La seconda ragione é la sua forma. Una larga baia tra sue isole (I.Schoder e I. Wager), con un accesso facile e profondo e con una 'passe' a nord dell'ancoraggio che ripara dalla feroce onda da nord che si sta alzando sempre più forte e ripida per la burrasca in arrivo.

Un'altra ragione é la natura del fondo, sabbia compatta e fango, che assicurano la tenuta della catena e dell'ancora anche in caso di forte vento. Ciò nonostante invio Marco e Damiano a porre una seconda ancora da 50 chili con 15 metri di catena e 50 di cima da 28 mm, 50 gradi a sinistra dell'ancora principale. Questa operazione, che chiamiamo afforcare, permette alla barca una tenuta supplementare alla spinta del vento e della corrente, oltre a limitare il brandeggio, cioé l'oscillazione a destra e sinistra, riducendo l'area di movimento dello scafo all'interno della baia.

 

I ragazzi di Padova non perdono nessuna occasione, e nonostante la pioggia forte, la stanchezza di una notte dondolando nella propria cuccetta sbattuti dalla forte onda oceanica che ha raggiunto i 4 metri e il freddo. Capitanati dal buon Emilio (che ha una seria esperienza di conduzione di gommoni) partono all'esplorazione dei dintorni, alla ricerca costante di animali, pesci, crostacei, molluschi e quant'altro possa essere sezionato, classificato e messo sotto alcool per la successiva spedizione al laboratorio dell'Università. 

Siamo partiti da Chacabuco ieri all'alba, una navigazione estenuante sotto la pioggia nei canali che attraversano da Est a Ovest l'arcipelago delle Guatecas. Seno Aysen, Canal Errazuriz, Canal Pulluce, Canal Abandonado. In un paio di occasioni la corrente ha superato gli 8 nodi spingendo Adriatica velocemente contro la costa e solo l'attenzione dell'equipaggio e del timoniere hanno permesso di passare franchi dai pericoli. La navigazione é costantemente attenta. Tutto ciò che si apprende a scuola di nautica qui viene messo alla prova e serve. Rilevamenti, correzioni, digrammi della corrente, verifiche visive e allineamenti sono la pratica quotidiana. La carta elettronica sfalza di oltre due miglia in molti punti. Anche quelle dell'Idrografico Cileno non sono precise. E gli errori non sono costanti, così che é necessario un controllo costante della posizione confrontandola con la realtà visiva. E a volte anche quella non corrisponde, perché ci sono scogli, isole o canali che non sono mai stai repertoriati e mai segnati sulle carte. I fondali oscillano da profondità superiori ai 300 metri a pianori di pochi metri irti di scogli più o meno affioranti, dipendendo dalla marea che qui raggiunge i 4 metri alle sigizie. Il radar é indispensabile.

La navigazione ci porta ad uscire in Oceano per doppiare la grande Peninsula de Taitao e poi attraversare il lungo Golfo de Penas (il nome la dice lunga): 140 miglia alla mercé di onde, vento, correnti che non smettono mai. La percentuale dei giorni di calma in un anno é del 2%: 7 giorni all'anno. E ieri non era tra quelli! Lungo la strada esistono 4 cale dove potersi riparare in caso di mal tempo, e la tentazione di fermarsi é forte, soprattutto poco prima di sera, quando siamo in mare da ormai 15 ore. Ma una componente del carattere di un marinaio é l'istinto. E questo mi diceva di proseguire, sebbene il bollettino desse un vento favorevole a partire dal giorno seguente.

Si, certo! L'istinto é mediato e "interfacciato" dalle informazioni che uno ha: la carta sinottica delle pressioni e dei fronti, il tipo di nubi che vede, la forma e la direzione delle onde, gli sbalzi di pressione barometrica... E' tutto ciò che vedevo e sentivo non coincideva con quello che mi diceva il bollettino. Quindi ho seguito il mio istinto malgrado la stanchezza mia, dell'equipaggio e degli ospiti.  Guadagnando contro la forte onda da Sud Ovest a vela e motore e sfruttando una vena di controccorrente a favore, la sera 20, poco dopo il tramonto, eravamo già al traverso del Faro Raper, cioé metà strada. Questo faro é anche una stazione Radio e noi, come tutti quelli che navigano in queste acque, alle 8:00 e alle 20:00 siamo tenuti a comunicare la posizione, la situazione a bordo e la nostra rotta. Ricardo si occupa delle funzioni di Ufficiale Radio.

Ha fatto buio. Un buio pesto illuminato solo dal fascio di luce periodico del faro. Però anche questo é sparito dopo due ore, all'allontanarsi da terra. Ormai ci eravamo addentrati nel Golfo de Penas. Adriatica era sollevata per più di 3 metri ogni 5 secondi e poi ricadeva nella fossa lasciata dall'onda dietro il suo passaggio. A volte incassava un colpo più duro che scuoteva l'albero e tutto il sartiame. I soliti turni di guardia: Marcone e Damiano dalle 23:00 alle 02:00. Io, da solo, dalle 2:00 alle 4:00 e Ric con Ferdy dalle 4:00 alle 7:00... E così via. Cielo basso. Scrosci di pioggia. Spruzzi di acqua salata. Un Freddo umido e vivo, soprattutto alle mani, sempre umide, nonostante i guanti. Ogni tanto una goccia gelata si fa strada nel collo, sotto il cappuccio che protegge il berretto di lana e riesce a percorrere tutta la schiena, prima di scaldarsi abbastanza da non essere più un fastidio.

All'alba siamo in vista di Faro San Pedro, l'altro lato del Golfo, la fine del mare grosso e confuso. Ric chiama per comunicare la posizione e chiedere le istruzioni di accesso. La notte deserta del Pacifico meridionale si popola improvvisamente di due grosse porta container che arrivano da poppa raggiungendoci proprio nel punto più stretto e pericoloso del canale. Ci buttiamo sulla dritta, rasentando le rocce a NE del faro, ma curando di essere al di fuori della batimetrica dei 50 metri (batimetrica: linea che unisce i punti di uguale profondità). Le navi ci superano ad almeno 20 nodi, mentre l'operatore Radio ci augura una buana giornata e ci conferma l'inizio di una burrasca da nord. Ce ne eravamo accorti. Da qualche ora il vento aveva girato in poppa e rinforzato. Il mio istinto non ha fallito. Se mi fossi fermato, saremmo rimasti bloccati da qualche parte per almeno 3 giorni. Ora siamo passati e dobbiamo solo cercare una rada dove dare fondo e riposarci. I ragazzi iniziano a svegliarci, sentendo nel dormiveglia che il ritmo dell'onda é cambiato e percependo l'arrivo. Giù la randa, mi addentro nel Canal SurOeste, nella Boca Chica e dopo 20 minuti, cioé adesso, siamo ancorati saldamente a Caleta Ideal. La barca si sveglia, nella calma del rifugio naturale. Qualcuno mette su l'acqua per il thé. I ragazzi dell'equipaggio terminano di rassettare la coperta. Il tepore del riscaldamento inizia ad asciugare l'umidità all'interno. 

Caleta Ideal é un lago di tranquillità. E fuori si scatena la burrasca.  Crollo dal sonno. Vi scriverò ancora domani. 

 

In serata i ragazzi hanno pescato una gran quantità di Gobbi (o qualcosa di simile). Un pesce che darwin aveva studiato e che anche loro esaminano al microscopio sotta la direzione di Mariella e Rudy, i due scienziati/professori che li accompagnano. Sembra che di simili se ne trovino solo nella zona della Laguna Veneta... Guarda caso... Comunque, dopo averne "incartati" diversi per il laboratorio di Chioggia, con gli altri gli stessi Prof rispolverano una ricetta lagunare e ce li servono... con il risotto. Come a confermare che la Scienza può dare da mangiare, con buona pace di chi si lamenta dei bassi stipendi! Scherzo, chiaramente. La Scienza e la Ricerca, in Italia, necessitano fondi e le persone che se ne occupano devono essere valorizzate, anche attraverso un buon salario. Se poi pescano, meglio per loro!

 

Filippo Mennuni

Skipper di Adriatica

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