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Tappa a Tortola un tuffo nella natura

6 March 2002 ore 20:00

Tutto bene con i Lunapop a bordo. Solo Walter ha avuto bisogno di un cerottino anti-maldimare. Walter e Ballo hanno dormito fuori, in pozzetto, perché forse sottocoperta ancora gli fa una certa qual impressione claustrofobica. Cesare e Ballo continuano a fare le loro domande, ad ascoltare la loro musica preferita (ritmi sperimentali post-pop californiani, roba strana ma bella, sofisticata e vagamente rocchettara). Purtroppo ancora una volta ci tradisce il vento, che non c’è. Si va a motore, il che non facilita lo sbocciare dell’amore per la vela.

 

Comunque siamo arrivati a Tortola a metà mattinata. Abbiamo cercato di arrivare in una marina ma Adriatica, col suo pescaggio esagerato di 3 metri e mezzo, si è subito insabbiata… Ci siamo dovuti fermare in rada e scendere col canotto. Ci aspettava Federica, un’amica del nostro amico Cristoforo, che dall’Italia è venuta qui in vacanza in barca 6 o 7 anni fa, si è innamorata di Aragon, figlio di inglesi ma nato alle Isole Vergini, con cui ha fatto due figli.

Federica e altri amici suoi ci hanno portato innanzitutto in cima all’isola, sul cassone di un pick-up, in un punto in cui si vedono praticamente tutte le Isole Vergini. Alcune sono statunitensi, altre (come Tortola, appunto) sono ex colonie inglesi indipendenti, e fanno parte del Commonwealth anche se la moneta è il dollaro americano. Fatto sta che sono bellissime, tenute molto bene e molto care. Dall’alto le spiagge e i coralli avevano un aspetto magnifico. Peccato non avere più tempo per starci, in barca.

 

 

Di sera


Purtroppo ci tocca ripartire presto, per incontrare Syusy e Zoe che ci aspettano a Cuba. Comunque Federica (gentilissima, molto ospitale e affascinante) ci ha portato in giro per l’isola: pranzo a base di fish-burger anglosassoni in un chiosco decisamente caraibico, con vista su spiaggia bianca e mare azzurro, poi bagnetto in un’altra baietta. Ma, soprattutto, Federica ci ha portato a conoscere un amico di suo marito, un rasta, di nome Shalom.

Se esiste il mito dell’uomo selvaggio, del guru che vive in sintonia con la natura, lo abbiamo conosciuto in Shalom! Abita sotto una tettoia, appoggiata al rudere di una vecchia costruzione del 1700 (forse la più antica dell’isola). Coltiva cocco, arance e ananas. Gli hanno tagliato i capelli in prigione dove è stato tre mesi per questioni di hascish.

Questa di rapare i rasta per offendere la loro identità è una mostruosità di cui avevo già sentito parlare a Santa Lucia, sempre nei Caraibi. Ballo e Shalom si sono subito guardati con simpatia. Il nostro amico rasta-di-Rastignano (comune in provincia di Bologna) si è subito fatto benvolere dal rasta-doc-caraibico, che lo ha preso per mio figlio (!).

 

Patrizio 

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