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Scalare Vulcano non è una passeggiata

14 July 2008 ore 12:00

33 gradi e 87 per centro di umidità. Questi dati dicono già molto sulla giornata. Soprattutto sulla mattina: la visita al Centro informativo dell’INGV, al riparo dal caldo umido di questa assolata giornata, è un po’ un sollievo. Usciti da lì, dovremmo andare a fare un bagno sulla spiaggia ma il caldo non ce lo permette, quindi torniamo in barca e facciamo un po’ di tuffi da lì... interrotti però quasi subito da un urlo di Alberto: "Una medusa! Una medusa!" e con una nuotata senza precedenti, tra le risate sguaiate di Kai, Alberto e Amrit, gli unici in acqua in quel momento tornano a bordo e si mettono come al solito a giocare a Mario’s Party con la Nintendo.Alle cinque sbarchiamo di nuovo: ci attende Paolo con l’inseparabile Attila per la spedizione in cima a Vulcano.

Niente a che fare con la salita a Stromboli, tuttavia anche questa volta si suda.. "Non ci saranno nemmeno delle belle eruzioni come a Stromboli... non ho voglia di salire." Si lamenta Ciaran. "E poi la puzza!" continua Kai. "Meglio che ci  portiamo delle pinze per tapparci il naso", propone Amrit. Così ognuno si dota della propria pinza e via verso il cratere. In meno di un’ora si arriva in cima, percorrendo un sentiero che sale a mezza costa e poi gira verso la cresta. Si ammirano i colori delle diverse colate: il grigio scuro antracite, quasi nero, l’arancione rosato, il verdastro, le immancabili chiazze di giallo dei depositi di zolfo. Lungo il percorso misuriamo la temperatura del terreno in diversi punti. Paolo si è portato uno speciale termometro con un lungo ago che si inficca nella terra. In pochi secondi fornisce la misura. Lungo tutto il cammino la temperatura si aggira intorno ai 35/36°C, che è un valore normalissimo d’estate per un terreno esposto al Sole. Vedremo più avanti che cosa capita.Dalla cima si guarda giù nel cratere. Si ammirano gli strati, ognuno di un colore diverso, che i vulcanologi usano per ricostruire la storia del vulcano. Ormai è da tanto che non ci sono più vere eruzioni. L’unica attività di Vulcano è la degassificazione. Si sente e si vede. Da ogni fenditura del terreno, anche le più piccole, escono emissioni di fumo puzzolente.

Misuriamo di nuovo la temperatura del terreno. Questa volta è il turno di Alberto. "Siamo già a più di 60°C" ci comunica dopo avere infilato l’ago nel terreno e avere aspettato il tempo necessario.In realtà il fumo è solo vapore acqueo, ma, invisibili, escono anche altri gas, composti dello zolfo che possono essere molto pericolosi per le persone. Quindi attenti a non respirare proprio sopra una fumarola. Non si vedono ma si sentono, perché la puzza è veramente disgustosa: come delle uova marce, ma molto più intensa. Si sente anche in paese e a volte, quando il vento gira nella direzione sbagliata, non si riesce a resistere. "Molti pensano che siano vapori salubri, e si mettono a fare le inalazioni, con la testa sopra una fenditura e l’asciugamano che li copre", ci racconta Paolo. "Ma non è vero: questi gas sono tutt’altro che salubri e possono veramente danneggiare le vie respiratorie e gli occhi. Quindi ora prendete un bel respiro e oltrepassiamo questo grande fumarola. Andiamo dall’altra parte per misurare ancora una volta la temperatura del terreno."

Questo è il  punto più pericoloso per la misura, perché ci si può facilmente scottare le dita. "Lo faccio io", dice Amrit. Il termometro sale subito in frettissima 100 gradi, 120... 180... 190... 200 annunciano in coro tutti i mini vulcanologi! Effettivamente qui si capisce che l’attività del vulcano è molto intensa. Oltre il 205 °C il termometro non va, così interrompiamo qui. "Don’t touch! Non toccate l’ago, sarà caldissimo" ordina Gianni perentorio, mentre lui stesso lo prende in mano senza precauzioni: "Ahi! Scotta!" e tutti ridono.Dato che siamo in punta a un vulcano ci vuole una bella eruzione... e visto che Vulcano non ce la offre spontaneamente la facciamo noi. Basta una bottiglia grande di Coca Cola light e qualche mentos. Si infilano le mentos su un bastoncino in modo che stiano attaccate tutte insieme. Si apre velocemente la bottiglia e contemporaneamente di buttano al suo interno le mentos. In men che non si dica, ecco un’enorme eruzione che supera in altezza tutti i bambini. Si esaurisce subito e il resto della Coca Cola viene bevuto con gusto dai mini vulcanologi. Al ritorno facciamo una piccola deviazione e ci  inoltriamo in un fiume secco dove c’è una grande riserva di ossidiana. Tutti cercano i pezzi più belli, più lisci e con le forme più strane da portare a casa per la propria collezione di oggetti naturali o da regalare agli amici.

 

Paola Catapano e Simona Cerrato

Comunicatrici scientifiche

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