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Ci scrive Viola...

5 January 2007 ore 12:00

Ci scrive Viola, del team dell'Università di Siena, di ritorno dalla tappa alle Galapagos.

 

Tornati alla civiltà dopo una settimana di crociera tra isole aride, sperdute e (quasi) incontaminate, il microclima fresco umido dell'interno e il tran tran della vita di Puerto Ayora colpiscono come un dritto e il suo immancabile rovescio. La parte meridionale di Santa Cruz, umida, popolata e coltivata, non è nemmeno vagamente paragonabile alle terre selvagge che abbiamo visitato finora. Qui la terra passa da un marrone rosso cinabro ad un nero lava che puzza di incendio ma si rivela un terreno fertile per una vegetazione rigogliosa, vicina ai paesaggi ai quali siamo abituati alle nostre latitudini. Questo colpo d'occhio piacevolmente familiare e rincuorante nasconde la realtà drammatica che si cela dietro numeri un po' sterili ma altamente significativi, che suonano un po' come 70% di specie di piante introdotte: in questa zona di Santa Cruz, la più popolata dell'arcipelago, si può camminare su morbidi prati di trifoglio, il cui tenero verde segna il declino ineluttabile dello stato naturale delle isole.

È un'urbanizzazione in palpabile espansione quella delle Galapagos, in ogni angolo di Puerto Ayora si incontra un cantiere, una casa in costruzione, un edificio in ristrutturazione… e lo stesso vale, in misura minore, per i piccoli paeselli che si incontrano lungo la carretera sulla quale il nostro taxi, un pick up bianco che ci ospita avventurosamente sul cassone, sfreccia a velocità inconcepibile. Lo striscione dell' imminente censimento saluta il nostro più che rapido passaggio attraverso Santa Rosa, un minuscolo pueblo di casette che si affacciano su una strada a sterro dello stesso cupo rosso cinabro, ma anch'esso pregnato dello stesso fermento.

Ci sono dei graffiti strani sui muri di Puerto Ayora. Murales naive che inneggiano alla bellezza imperitura della natura galapaghena e all'esigenza di conservarla con l'orgoglio di essere 100% galapagheni, come si può leggere sugli adesivi pubblicitari che adornano molti dei piccoli esercizi commerciali di Puerto Ayora.

Me ne vado con il dubbio di non aver capito molto di questo posto. Le sue regole, le sue tensioni, le sue contraddizioni. Mentre nella natura quasi selvaggia del parco tutto era tanto corrispondente ai trattati di evoluzione biologica da risultare quasi allucinatorio, le sule dai piedi azzurri dipinte sui muri di un nuovo mercato rionale che presto sorgerà, mi riempiono la testa di dubbi sull'effetivo futuro di queste isole, su il come e il per quanto potranno ancora convivere in questa calma apparente e quasi rivierasca le esigenze degli abitanti e quelle del parco, mentre i mitologici fringuelli di Darwin imparano ad approfittare delle briciole del nostro pranzo, e le iguane marine si crogiolano al sole sui mobili di una discarica, nella rada del porto.

 

Viola Tanganelli

Biologa, Evoluta per Caso!

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