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Benvenuti a Ushuaia. Città più australe del mondo!

18 March 2007 ore 18:00

Posizione: 54°48',8S - 068°18',60W. Ushuaia. Ore 12:30 LT.
Vento da Ovest a 35 nodi. Pressione 969,3 Mb, stazionaria, copertura del cielo 8/8. Burrasca da Ovest.


Ushuaia! Ushuaia! Ci siamo!

alle 10 e 25 ora locale argentina gettiamo l'ancora nella rada davanti a Ushuaia, tappa australe di Adriatica. Alcuni amici italiani sono già in pontile e ci aspettano. Un messaggino di Gianluca, grande amico mio e di Adriatica che ha già navigato a bordo durante una tappa della Rotta Rossa, dalle Canarie a Capo Verde, mi annuncia che anche Riccardo e Andrea, che arrivano da Rosignano, sono con lui. Gianluca é quì solo in vacanza, ma non si sarebbe perso l'incontro con noi per nulla al mondo.

Ushuaia! Ushuaia! Finalmente.

La fatica passa di colpo. Un urrà riempie le bocche dell'equipaggio e si perde nel vento! Sorrisi, risate, abbracci... Ci siamo... ci siamo! Non abbiamo realizzato un'impresa sovraumana. Non abbiamo patito le pene dei naviganti del seicento e del settecento. Non siamo rimasti 'scollegati' dal nostro mondo per mesi e mesi. Sì, però, abbiamo percorso 16.000 miglia (30.000 chilometri) di cui due terzi in tappe di altura oceanica e un terzo all'interno di canali reputati tra i più pericolosi del mondo, dove a nessuna nave é concesso avventurarsi senza la presenza a bordo di un 'Pilota' locale.

 

Sì, siamo rimasti isolati da ogni altro essere vivente per giorni, alla mercé degli elementi della natura, vi assicuro spesso scatenati. Sì, abbiamo saputo gestire la navigazione, la vita di bordo, la meteo, il freddo, la pioggia e le giornate dei nostri ospiti scientifici, al meglio. E di questo il merito va sopratutto al mio equipaggio: Ricardo, Marcone, Fernando e Damiano, Emanuel e Andrea.

Ushuaia non é la fine del nostro viaggio. Mancano ancora 8.000 miglia fino al ritorno a casa. Dobbiamo ancora risalire lungo la costa della Patagonia Argentina, costa senza porti ne ripari, spazzata da venti furiosi e improvvisi Pamperos (groppi temporaleschi di grande diametro con venti fino a 100 nodi). Dobbiamo toccare i porti di Puerto Madryn, Mar del Plata, Puerto Seguro, Florianopolis, Praia do Rey, Rio de Janeiro e poi Cabo verde, Canarie, Gibilterra, Baleari, Sardegna e Napoli, probabile nostro arrivo a luglio 2007.


Resta da risalire completamente l'Oceano Atlantico e non é cosa da poco. Un'altra traversata, in parte controvento. Ci restano altri incontri e conoscenze. Altri scienziati, professori, alunni. Patrizio e Syusy saranno ancora a bordo di Adriatica e navigheranno ancora con noi. Ancora 3 mesi di avventure in giro per il mondo. Il vento sale, mentre scrivo. 30, 35 nodi. Un groppo all'orizzonte. Improvvisamente 40 nodi. La barca tira sull'ancora. Un colpo secco. Corro fuori anch'io, la cerata infilata alla meglio... (intanto la radio avvisa: 'Securité, securité, securité. Aquì Ushuaia Radio, Lima Tres Papa. Transito maritimo nel puerto de Ushuaia cerrado asta nuevo aviso por causa meteo'.)


25 minuti dopo. 12:55 LT.

Ci siamo presi un bel benvenuto. Qui a Ushuaia. Un groppo forte ha soffiato a 50 nodi con raffiche a 56 nodi. Ho acceso il motore di Adriatica e ho dato macchina avanti a 1.000 giri per evitare all'ancora di arare, cioé di scorrere sul fondo. In un attimo l'apocalisse. Damiano a prua mi chiama. La sicurezza che mettiamo solitamente sulla catena dell'ancora, un cavo di 16 mm di diametro a cui é agganciato un gancio di metallo che aggrappa una delle maglie della catena é saltato per aria come una molla ed é finito in acqua. La catena dell'ancora principale ha cominciato a slittare sul salpa ancora. La seconda ancora ha un angolo inadatto a lavorare, siccome é stata filata per proteggerci dal vento di nord ovest. Il groppo arriva da sud ovest e spinge, spinge, spinge Adriatica verso il grosso molo di poppa, dov'è ormeggiata la grosssa nave da crociera Norvegian Crown. Anche Ricardo é fuori, ora. Damiano fila 10 metri di catena e io gli faccio sopra un nodo di bozza con il moncone di cima della sicurezza e la aggancio a una galloccia per evitare che nuovamente la catena lavori sul meccanismo del salpa ancora rompendolo.

 

Grido a Damiano e Ric di preparare la terza ancora, la più pesante. In emergenza possiamo calarla a prua per rallentare la deriva della barca. E se il vento scende un po' andremo con il gommone a posizionarla a 40 gradi dalla principale, per raddoppiare la tenuta. Il motore continua a lavorare da solo in marcia avanti e alleggerisce la pressione del vento. Adriatica naviga tirando bordi di bolina sulla sua catena. 40 metri a sinistra e 40 metri a dritta. Fisso la ruota del timone che gira impazzita per la pressione dell'acqua. La corrente é talmente forte che leggo 3 nodi di velogità al solcometro. Uno spavento ulteriore: il profondimetro indica 4 metri! Caspita! Tocciamo sul fondo!... Fisso i miei riferimenti a terra. No, non é possibile. Siamo sempre nello stesso posto. Allora la giustificazione si fa strada nella mia mente: le turbolenze dell'acqua agitata dal vento creano dei falsi eco e la sonda non misura più la realtà. Improvvisamente grandina. Non riesco a tenere gli occhi aperti. Non riusciamo più a guardare a prua. Lavoriamo tutti girati di spalle al vento. Metto gli occhiali da sole. Non vedo bene, ma almeno tengo gli occhi aperti.


"Damiano!" grido "Prepariamoci a dar fondo alla terza ancora." Damiano corre verso di me, a poppa. Si lancia nel gommone, pieno a metà di acqua e pallini di grandine galleggianti. "Ric, prepara la cima grossa e l'ancora in falchetta, da calare di fianco. Noi arriviamo con il gommone." Arriva anche Marco a dar manforte. Ho le mani gelate. Senza guanti non le sento più. Le ritiro all'interno delle maniche della cerata cercando un po' di sollievo. Mi pungono dal freddo. Damiano é bagnato fino alle ossa, ma tiene duro. Accende il motore del tender. Salgo a bordo e ci facciamo scorrere lungo la fiancata della barca. Le onde di prua saranno già più di mezzo metro e imbarchiamo acqua, ma non possiamo fermarci. Il vento é sceso a 35 nodi, 30 forse. Dobbiamo approfittarne per andare a dare fondo alla terza, maledetta ancora. O benedetta...

Sulla fiancata di sinistra, all'altezza della prua, Ric e Marco ci calano i 50 chili della salvezza. Non so più dov'é Adriatica. Intendo dire che non so più se stiamo scarrocciando, te teniamo la posizione o che altro. Non vedo a più di 5 metri. L'ancora é a bordo. Damiano dà motore e ci allontaniamo verso sinistra, 30, 40... poi 50 metri.

 

Non c'é più tempo. Il vento aumenta ancora. Getto letteralmente la pesante CQR (é il tipo di ancora) in acqua e lei si inghiotte la cima bianca in un attimo. Faccio segno a bordo di recuperare la cima e al mio compagno che possiamo rientrare. Accostiamo Adriatica, o meglio, gli andiamo a sbattere contro spinti dal vento e agganciamo il tender a una drizza, per sollevarlo dall'acqua che lo sta ormai riempiendo fino all'orlo. Se ne occupano i ragazzi. Io torno a poppa a verificare la posizione. Ok, tutto bene. Siamo sempre al centro del cerchio d'allarme disegnato sul plotter. Ora il vento può soffiare. Con tre ancore non ci muove più. Tolgo potenza al motore, ma lo lascio ancora acceso per sicurezza. Damiano controlla la prua. Io controllo la poppa. Cinque minuti. Possiamo rientrare. La barca dentro é calda. Le mie mani ne hanno bisogno, come quelle di tutti. Un piccolo squarcio nelle nuvole ci mostrano le cime innevate delle montagne accanto a noi. Mezz'ora fà erano verdi.

Benvenuti a Ushuaia. La città più australe del mondo.

Tra 3 giorni inizia l'autunno. Oggi il primo avviso: occhio, ragazzi. Quì non é un gioco la navigazione.


Filippo Mennuni

Skipper di Adriatica

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