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Atacama

In un vecchio manuale italiano di geografia generale, gli "Elementi" di Adriano Balbi del 1844 troviamo questa definizione: Il deserto di Atacama stendesi da Tarapaca nella repubblica del Perù fino ai dintorni di Copiaco in quella del Chili; abbraccia perciò l’angusta striscia di paese che la repubblica di Bolivia possiede sul grande Oceano. Allora il deserto apparteneva ancora alla Bolivia prima che, dopo un conflitto che durò dal 1879 al 1883 , questo paese perdesse il suo unico sbocco al mare. Oltre a guardare l’Oceano, a che cosa poteva servire ai boliviani una terra che è considerata fra le più aride del pianeta: in realtà la sua ricchezza era costituita dai grandi giacimenti di nitro negli strati di “caliche”, conservati intatti dall’aridità del suolo.

Infatti il Cile fece di tutto per impossessarsi di questo pezzo di terra, il Cile, il paese dalla geografia “loca”, pazza, come dicono i suoi stessi abitanti, dall’arsura di Atacama al grande gelo dell’Antartide. Attratti dal miraggio del nitro migliaia di immigrati russi, polacchi, italiani, spagnoli, si riversarono nel deserto, fondando nuove città (in gran parte scomparse) e creando una comunità cosmopolita (e disperata) in un luogo ai limiti della vivibilità.

 

Il deserto è talmente arido che la NASA lo ha usato per testare la resistenza dei robot in condizioni estreme, compresi quelli che possono essere utilizzati per la ricerca di tracce di vita organica su Marte. Non ci ha stupito quindi leggere in una guida in lingua inglese che consiglia di vedere i paesi e le “ghosts town” intorno al capoluogo, Antofagasta “from inside a speeding, air conditioned bus”, senza scendere a terra!

Percorriamo Atacama con due celebri scrittori cileni: Isabel Allende e Luis Sepùlveda. Isabel bambina percorre il deserto in treno per recarsi in Bolivia e ne rimane colpita, "faceva un caldo secco cui non sopravvivevano neanche le mosche. La sete era insopportabile; bevevamo acqua a litri, succhiavamo arance e ci difendevamo a fatica dalla polvere, che si insinuava in ogni fessura. Le labbra si tagliavano fino a sanguinare, le orecchie dolevano, eravamo disidratati. Di notte calava un freddo duro come cristallo, mentre la luna rischiarava il paesaggio con una luce azzurra" (Il mio paese inventato, Feltrinelli).

Il capoluogo di questo regno lunare è Antofagasta, che Allende descrive come "un porto vecchio e povero, che odora di iodio, con barche da pesca, gabbiani e pellicani. Antofagasta è sorta nel XIX secolo come un miraggio nel deserto, grazie all’industria del salnitro, che per vari decenni rappresentò uno dei principali prodotti d’esportazione del paese".

 

Oggi Antofagasta, che fu fondata nel 1868, è una città moderna di 298.000 abitanti; non è certamente un’ambita meta turistica, ma un importante porto per l’esportazione del rame. Il rame, la fortuna e la disgrazia di Atacama, insieme al salnitro. Ripercorriamo la stagione delle miniere con Sepùlveda e il piccolo sindacalista socialista Fredy Taberna, che a Santiago conta gli alberi del Parque Forestal perché ad Atacama non ce n'è neanche uno. Taberna rappresenta uno dei tanti minatori, socialisti ed anarchici, che hanno costituito uno dei punti di forza del movimento operaio cileno e che furono fra i più accesi sostenitori del presidente Allende. Nel deserto arrivarono l’anarchico Buenaventura Durruti e nel 1952 Che Guevara durante il suo mitico viaggio attraverso la miseria del Sudamerica. Ancora oggi ad Atacama si trova la più grande miniera di rame del mondo, La Escondida, scoperta nel 1981 è quasi “regalata” dal dittatore Pinochet a multinazionali straniere in cambio di royalties irrisorie.

 

D’altra parte anche il golpe del 1973 si era giocato in parte sulla nazionalizzazione del rame cileno da parte del governo di Allende. Oggi vi sono circa 2.000 minatori che estraggono 3.600 tonnellate di minerale al giorno, in un periodo in cui il rame, grazie ai mercati asiatici, vola sul mercato di Londra a 3,5 dollari la libbra (ma sono dati che possono cambiare in ogni momento). Nessuno ha più trovato il posto dove i militari hanno seppellito il corpo del povero Freddy nel 1973, perché si era dichiarato colpevole di "essere un dirigente del comitato studentesco, di essere un militante socialista e di aver lottato in difesa del governo costituzionale", ma ogni anno, il 31 marzo, Sepùlveda ci narra che, dopo una modesta e misteriosa pioggia, "il deserto era rosso, intensamente rosso, coperto di minuscoli fiori color sangue". Sono le rose di Atacama, che sono sempre lì, "sotto la terra salata e fioriscono una volta all'anno. A mezzogiorno il sole le avrà già calcinate" (Le rose di Atacama, Tea). Alla fine "finché ci sarà l’uomo, il deserto rifiorirà".

 

5^A Liceo Scientifico Tecnologico Mattei di Rosignano Solvay (Li), in collaborazione con il Liceo Scientifico Eugenio Montale di San Paolo del Brasile

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