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L'arcipelago "ghirlanda" è a rischio

10 March 2004 ore 16:00

Generalizzando un po' possiamo dire senza temere di esagerare troppo che il "viaggio alle Maldive" è una specie di archetipo nell'immaginario collettivo, una meta di sogno per molti turisti per caso (e non!)… ma quanto conosciamo concretamente di queste isole? Andiamo alla scoperta della loro origine!

Sapevate intanto che Malodheep, il termine sanscrito dal quale deriva il nome Maldive, significa 'Ghirlanda'? Ovviamente per via della forma di questo arcipelago situato in pieno Oceano Indiano, a cavallo dell'equatore.

Diamo un po' i numeri: quante sono le isole delle Maldive? Il governo afferma 1.192 di cui soltanto 202 abitate, raggruppate in 26 atolli distribuiti in una fascia di oceano lunga 754 km e larga 118. In realtà l'esatto bilancio sfugge alle carte ufficiali per rimanere un mistero… Le stime sono complicate soprattutto perché le isole vanno e vengono: alcune si uniscono, altre si spaccano in due o gli isolotti emergono occasionalmente dai vari reefs; non è raro quindi imbattersi in spiagge deserte o non segnate, né nominate nelle mappe. 

Una cosa però sembra certa: se, come alcuni scienziati dicono, il livello del mare continuerà ad aumentare (inevitabile conseguenza del riscaldamento del globo) le Maldive sono destinate a scomparire tra circa cinquanta anni, dato che da nessuna parte si superano i 3 metri di altezza

 

Non da meno al numero in quanto a incertezza, gli studi sull'origine della formazione geologica vedono gli scienziati ancora dibattere tra due diverse tesi. La prima chiama in causa gli studi di Charles Darwin ipotizzando che queste isole siano state generate dai vulcani sprofondati in mare: affondato il vulcano, il corallo sarebbe cresciuto gradualmente sui suoi bordi, correnti e maree (in questa zona molto forti) avrebbero poi fatto il resto depositando sabbia e residui di corallo nel cratere fino a formare le isole che oggi vediamo.
Più recentemente, Hans Hass ha suggerito un'altra tesi: cioè che il tutto sia frutto di una piattaforma di corallo accumulatasi sulla catena sommersa di una montagna dell'Oceano Indiano fino a oltrepassare la superficie del mare. Assestamenti e depositi avrebbero poi modellato i bordi degli atolli con le loro sinuose tipiche forme.

L'unica cosa che non sembra lasciare dubbi è che la barriera corallina ha la sua responsabilità! Vediamo com'è fatta: formata da colonie viventi di polipi, fino a 250 anni fa si credeva fosse vegetale, perché del tutto immobile e per la somiglianza con rigogliose piante fiorite. Ogni polipo ha la forma di un sacco sostenuto da uno scheletro calcareo ed è un essere a sé che si riproduce per 'gemmazione' dando origine a colonie di polipi autonomi ma correlati tra loro. L'aspetto caratteristico di roccia è dato dall'aggregazione di milioni di questi celenterati che assorbono il calcio dall'acqua e lo secernono poi dando origine ai rametti dei coralli. Si tratta di un ecosistema particolarmente delicato con il più alto grado di biodiversità rispetto a qualsiasi altro ecosistema marino. Per questo anche un gesto apparentemente innocuo come raccogliere una conchiglia, toccare qualcosa, o cibare i golosissimi pesci può arrecare danni gravissimi.

Come si suol dire guardare, anzi, viaggiare e non toccare…


Silvia Salomoni

Redazione Velistipercaso.it

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